Denunciati dalla vicina per un ricovero attrezzi Non ci fu abuso edilizio
SAN PIER
Avevano voluto dotarsi di un capanno in legno per il ricovero degli attrezzi nel giardino della loro villetta a schiera appena acquistata. Un prefabbricato di modesta cubatura, per il quale peraltro lo stesso costruttore dell’immobile aveva già predisposto la relativa platea di cemento. Il tutto mai potendo immaginare di finire a processo per abuso edilizio.
Era il 2012 quando la coppia era entrata nell’abitazione diventata di proprietà, a Cassegliano di San Pier d’Isonzo, facendo installare quel capanno. Lo scorso 29 ottobre il procedimento a carico della coppia s’è concluso andando oltre le aspettative. Perché nonostante l’intervenuta prescrizione del reato, meramente contravvenzionale, è stata addirittura pronunciata sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste. Assoluzione, dunque, con formula piena, quella stabilita dal giudice monocratico Fabrizia De Vincenzi che, al termine dell’istruttoria dibattimentale durata due anni e 7 mesi, a fronte di 8 udienze, s’è chiusa in Camera di consiglio per poi decretare la relativa sentenza.
Una conclusione inaspettata, che per la coppia ha rappresentato un riconoscimento pubblico circa la loro correttezza e buonafede.
Durante il dibattimento è stata ascoltata la geometra del Comune di San Pier la quale ha illustrato tecnicamente la pratica. La dipendente, come aveva scritto negli atti comunali, ha affermato che il capanno in questione rientra nell’ambito di edilizia libera, con ciò non comportando autorizzazioni, piuttosto una semplice comunicazione all’ente locale. Insomma, una storia articolata, che ha tenuto in ballo i coniugi per un capanno del tutto “innocuo” sotto il profilo penale rispetto alla normativa vigente in materia.
La vicenda era scaturita dalla denuncia, avvenuta nel 2014, da parte di una vicina di casa, che aveva chiesto delucidazioni al Comune circa l’installazione del prefabbricato nella villetta vicino alla propria e confinante con un terreno agricolo. Il tutto aveva preso avvio dal fatto che il costruttore s’era dimenticato di comunicare all’ente locale la presenza dell’area adibita all’installazione di un capanno, che su richiesta della coppia aveva poi installato. La Polizia locale aveva eseguito un sopralluogo, a fronte del quale la coppia era stata messa di fronte a due possibilità: la demolizione del prefabbricato oppure la comunicazione “tardiva” in ordine alla presenza del capanno, a fronte del pagamento di una sanzione di 250 euro. I coniugi avevano deciso di pagare. Tutto a posto, dunque, confidava a quel punto la coppia. Ma il procedimento s’era ormai innescato sulla scorta dell’esposto. E i coniugi comproprietari della villetta a schiera si sono trovati a rispondere del reato di abuso edilizio. Il 7 marzo 2016 era iniziato il processo, con la prima udienza. Fino all’inaspettata assoluzione.
Il difensore, avvocato Alessandro Ceresi, ha sottolineato l’inedito epilogo di una vicenda «paradossale» e non certo facile per la coppia: «Nonostante la prescrizione del reato contravvenzionale – ha osservato il legale –, non senza soddisfazione e apprezzamento per la scelta del giudice, i miei assistiti sono stati assolti con formula piena. Devo tuttavia constatare che, premessa la libertà e il diritto di rivolgersi all’autorità giudiziaria per segnalare evidentemente presunti reati, nel caso in questione tutta questa attività inquirente e istruttoria processuale è stata inutile poiché si è sostenuta la sussistenza di un reato che il Tribunale ha ritenuto non essere tale. Le denunce improprie non fanno che ingolfare l’attività giudiziaria e nessuno si pone il problema dei relativi costi e tempi spesi a vuoto dalla giustizia».—
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