A Trieste il dibattito sulla riforma della giustizia fra convinzioni e dubbi
Il dibattito sul discusso tema al convegno organizzato a Trieste da Forza Italia. Il vicepremier Tajani in un videomessaggio: «Giudici imparziali e tempi ridotti»

Il dibattito sulla riforma della giustizia si apre con un video e un passaggio di testimone. Prima Silvio Berlusconi, poi Antonio Tajani: l’origine e il presente di Forza Italia che si alternano sullo schermo del DoubleTree by Hilton a Trieste. «Il processo è già una pena, bisogna cambiare», dice il Cavaliere come se fosse ancora in Parlamento. Poi tocca al vicepremier: «Finalmente ci sarà il diritto a giudici imparziali. Mettiamo in soffitta la proposta giustizialista di Bonafede».
Il coordinamento regionale di Forza Italia ha scelto questo montaggio per lanciare il proprio convegno sulla separazione delle carriere: dalla battaglia storica di Berlusconi al referendum costituzionale ormai a un passo. Tajani rivendica: «La riforma riduce i tempi del processo, rimette il cittadino al centro». Fuori, Trieste si prepara ai festeggiamenti di domenica per il ritorno all’Italia. Dentro, la giustizia divide ancora.
Il viceministro Francesco Paolo Sisto spiega la geometria del nuovo processo: «Un triangolo isoscele, il giudice alla cima, alla base difesa e accusa equidistanti».
Il sorteggio dei membri del Csm libererà i magistrati dal peso delle correnti: «Non dovranno più iscriversi per fare carriera». Salta invece l’intervento in diretta del vicepremier Tajani, che avrebbe dovuto collegarsi per l’occasione. Oliviero Drigani, già presidente delle Corti d’Appello di Trieste e Bologna, interviene con parole nette: «Ho gravi perplessità sui contenuti della riforma».
Per 44 anni ha fatto il magistrato mantenendo «la barra al centro», anche come pubblico ministero: «Cattivissimo, duro e puro». E riconosce: «Questa riforma ce la siamo voluta un po’ noi. Non saremmo arrivati a questo punto se non ci fossero state fughe in avanti che menomano l’imparzialità del Consiglio. Il sistema ci viene a chiedere il conto».
Non c’è nulla di eversivo, ammette. «È un momento di vittoria della democrazia: gli altri poteri vengono a regolare diversamente i rapporti». Ma sulla separazione non cede e teme lo scontro dopo il voto: «Il dividere, il separare mi fa paura. Intorno a un tema che dev’essere unificante, è il caso di avere due gruppi armati che si confrontano?».
Franco Dal Mas inquadra la riforma come «il completamento dell’articolo 111 sul giusto processo, indicato in Costituzione e poi lasciato cadere». Sul consenso parlamentare afferma: «Comunque ci sarà il referendum e le parti si annullano davanti alla volontà popolare».
Massimiliano Fedriga porta il dibattito sull’efficienza: «Dobbiamo interrogarci sui tempi della giustizia». Offre la collaborazione della Regione e lancia: «L’incertezza normativa è un vulnus democratico. Torniamo all’equilibrio che serve a cittadini e imprese».
Sandra Savino rivendica: «Trent’anni fa Berlusconi questo aveva previsto. Una giustizia giusta serve come volano dell’economia».
Sul palco, oltre al procuratore generale Carlo Maria Zampi e al presidente degli Avvocati Alessandro Cuccagna, c’è anche il sindaco Roberto Dipiazza che rivendica il suo primato, facendo sorridere la platea: «In tutti questi anni da sindaco non ho mai avuto problemi con la giustizia».
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