Elezioni in Slovenia, Pahor incarica Janša ma la strada è in salita

LUBIANA. Janez Janša, il vincitore delle elezioni legislative slovene di domenica scorsa, ha ricevuto ieri l'incarico di formare il prossimo governo dal presidente della Repubblica Borut Pahor. Ma mentre Janša parte alla ricerca di alleati, una possibile coalizione alternativa già si organizza.
Janša, che con il suo Partito democratico sloveno (Sds) ha incassato quasi il 25% delle preferenze, non dispone infatti della maggioranza assoluta al Parlamento di Lubiana per poter governare da solo, avendo il controllo di appena 25 seggi su 90. Ecco che all’uscita dal primo colloquio di ieri, il Capo dello Stato non ha nascosto la delicatezza del momento. «Lasciatemelo dire chiaramente: non sto spingendo per un governo guidato da Janša, ma difendo il fatto che l’esecutivo venga guidato dal vincitore», ha affermato Pahor, aggiungendo che «ovviamente è possibile che sia anche qualcun altro a formare il governo; ma l'esperienza ci ha insegnato che gli scenari alternativi non sono l'opzione migliore». Il riferimento (esplicito) è alla breve durata degli esecutivi guidati da Alenka Bratušek e dallo stesso Janša, dopo la vittoria di Zoran Janković alle elezioni del 2011; e all’incapacità di quest’ultimo nel formare una coalizione.
La palla spetta dunque di diritto al leader dell’Sds, già in moto alla disperata ricerca di alleanze. «Costruiremo una coalizione per la Slovenia e non contro Marjan Šarec, Dejan Židan o Miro Cerar», ha promesso ieri citando i suoi principali avversari, rispettivamente alla guida della Lista Marjan Šarec (Lms), del Partito socialdemocratico (Sd) e del Partito del centro moderno (Smc). Il leader del Sds non gode peraltro solo dell’appoggio di Pahor, deciso a dargli una chance. Gli stessi elettori sloveni, secondo un sondaggio pubblicato ieri da Nova Tv, sembrano gradirne il nome: quasi un intervistato su due (47,6%) vorrebbe vedere l’ex primo ministro (in carica dal 2004 al 2008 e dal 2012 al 2013) tornare alla guida del governo. I concorrenti di Janša seguono a debita distanza: Šarec incassa il sostegno del 28,4% degli sloveni, il leader socialdemocratico Židan si ferma a 10,9%.
Per Janša tuttavia la strada rimane in salita: la soglia dei 46 seggi necessaria in parlamento è molto lontana anche se si considera assodato l’ok dei due partiti più vicini, la Nuova Slovenia (Nsi) e l’estrema destra di Zmago Jelinčič (Sns), che assieme totalizzano soli 11 seggi. Oltre queste due formazioni, le alleanze sono più improbabili. Pahor del resto ha osservato che Janša si è detto disponibile a rimettere il mandato qualora dai colloqui emerga la possibilità di formare una maggioranza non guidata da lui. «Non sono io l'unica opzione per il governo», ha confermato Janša.
Di qui appunto le grandi manovre per una possibile coalizione alternativa. Šarec - giunto nelle urne dietro Jasnša con oltre il 12% - ha incontrato ieri il premier uscente Miro Cerar (arrivato quarto), dopo aver visto l’ex capo di governo Alenka Bratušek: due figure alla testa di partiti considerati da Šarec vicini al proprio programma. Assieme, questi tre partiti contano 28 deputati. Dopo un incontro «molto costruttivo», Šarec ha ribadito che «non c’è alcun desiderio di unirsi a una coalizione guidata dal Sds». Più diplomatico, Cerar ha dichiarato in una nota di augurarsi negoziati che «portino ad accordi che facciano il bene della Slovenia e siano basati sul rispetto dello stato di diritto, dei diritti umani e di una crescente prosperità». Šarec ha escluso l’alleanza con l’Sds anche se il premier non fosse Janša.
Ma neanche per il sindaco di Kamnik il rebus post-elettorale è semplice. Per governare, fa notare l’agenzia slovena Sta, dovrà coinvolgere cinque o addirittura sei partiti, facendo appello a tutto il centrosinistra in senso molto ampio. Con l’appoggio di Cerar e Bratušek, ma anche dei socialdemocratici (10 seggi), del partito Pensionati (Desus, 5 seggi) e dei due deputati rappresentanti le minoranze, Šarec arriverebbe a quota 45. Per superare la soglia della maggioranza assoluta, bisognerebbe a quel punto spingersi o a sinistra, coinvolgendo Levica (9 deputati), o a destra, alleandosi con la Nuova Slovenia (7 deputati). In entrambi i casi, si otterrebbe una coalizione a moltissime voci: tanto grande quanto instabile, ipotizzano alcuni commentatori. Lo stesso Pahor, ex leader dei socialdemocratici, ha ammesso che un esecutivo di centro-sinistra richiederebbe «più coordinamento, più pazienza e più compromessi». Mentre le consultazioni prendono il via, due scenari possibili paiono profilarsi per il panorama politico sloveno: da un lato il ritorno alle urne in caso di mancato accordo; dall’altro la formazione di un governo che della retorica “alla Orbán” citata da Janša in campagna elettorale avrà ben poco.
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