Quel museo di Trieste finito a Vercelli: una raccolta di pezzi unici della farmacia Picciòla
La collezione di Du Ban è stata trasferita nel 2014 dagli spazi in via Caccia, nel rione di Barriera Vecchia, alla città in Piemonte. Tra i reperti più rari, il vaso con la polvere di mummia e i bezoar, calcoli che si formano nella pancia dei bovini, all’epoca spacciati come antidoti

“Trieste 1799 – Vercelli 2014”. Un sottile filo rosso di alambicchi e mortai, di bilancini e vasi speziali connette la capitale mondiale del riso con il capoluogo giuliano. Il Museo della Farmacia Picciòla di Trieste, inaugurato negli anni Novanta quale naturale estensione del negozio tutt’oggi esistente, è stato trasferito dal 2014 in Piemonte, conservando intatta la collezione giuliana.
Un piccolo mondo triestino-farmacologico si dispiega allora sotto gli occhi del visitatore attraverso sei sale contenenti oltre duemila oggetti di storia della medicina, dal lontano 1799 al secondo dopoguerra.
La Farmacia Picciòla, oggigiorno “alla Croce Bianca”, nacque infatti nel 1799 con l’insegna “dell’Imperatore Romano”. Poi, nel 1832, subentrò come direttore l’umaghese Antonio Giovanni Picciòla, il quale si distinse per il proprio servizio durante le epidemie di colera.
La famiglia Picciòla, mantenendo la proprietà della farmacia, si specializzò poi a fine Ottocento nella produzione di specialità medicinali rivendute a terzi e, dopo la prima guerra mondiale, cedette l’attività all’allievo Massimiliano Du Ban. Fu infine il discendente Giorgio Du Ban ad allestire, in via Antonio Caccia, il Museo successivamente trasferito a Vercelli.

«Io ero un caro amico del gestore Giorgio Du Ban – spiega il curatore attuale Claudio Bagliano, farmacista a sua volta – e, con l’avanzare dell’età, mi propose di trasferire il Museo a Vercelli, onde evitare che venisse disgregato. Ricordo che l’inventario completo richiese una settimana di lavoro, a cui seguì il trasloco. Du Ban ebbe sempre il profondo dispiacere che a Trieste nessuno avesse voluto rilevare questo Museo: tutti lo lodavano, ma nessuno voleva subentrare nella sua gestione. Il Museo ha ormai festeggiato dieci anni di attività a Vercelli; e dall’iniziale collezione triestina ora abbraccia anche una nuova collezione del dottor Bergaglio presente in un’altra ex farmacia a fianco della Picciòla. Inoltre vorrei sottolineare come questo sia l’unico Museo privato di questo genere in Italia e come, a differenza della collocazione triestina, sia presente con affaccio sulla strada, proprio come un’antica farmacia».

Per chi, tra i triestini, aveva già visitato il Museo l’ambiente risulterà familiare; infatti «l’esposizione si compone allora come adesso di sei sale: ciascuna corrisponde ad una lettera e presenta gli oggetti del tempo accompagnati con specifici libri. Il laboratorio ad esempio ha ancora, sul soffitto, il coccodrillo impagliato e come libri presenta i ricettari, le farmacopee, i libri per le entrate e le uscite delle sostanze... Il pezzo più antico è il documento di fondazione della Farmacia Picciòla del 1799 e la laurea a Vienna del 1833 di Picciòla senior. Occorre invece ricordare, tra i reperti più rari, il vaso con la polvere di mummia e i bezoar, calcoli che si formano nella pancia dei bovini, all’epoca spacciati come antidoti provenienti da animali fantastici».
Ma quale sarà il futuro del Museo? «Il dottor Du Ban scherzava spesso che i discendenti asburgici dei Picciòla sarebbero inorriditi, sapendo che la propria farmacia era stata trasferita nel cuore del Piemonte sabaudo. In quest’ambito però abbiamo sempre tenuto bene in evidenza la targa di Trieste, senza disdegnare di allargare il Museo ad altre collezioni. In particolare proprio nel 2024 il museo si è arricchito del lascito Bergaglio. Questo farmacista di Gavi aveva una strana collezione composta di bidet, water e clisteri del XVIII e XIX. Potrebbe sembrare una bizzarra raccolta, ma vi sono alcuni esemplari unici: clisteri in peltro del Settecento, un clistere per cavalli lungo un metro e mezzo e infine il bidet da viaggio della Regina Margherita».
Il Museo è visitabile tramite prenotazione obbligatoria all’email carlo.bagliani@icloud.com. L’indirizzo, a Vercelli, è via Galileo Ferraris n. 24, vicino a piazza Cavour. —
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