Femminicidio a Gradisca: sconto di pena per il marito

Ridotta da 20 a 19 anni la condanna a Sulollari che uccise la moglie Migena a coltellate. Inalterati i risarcimenti stabiliti per i familiari della vittima e il figlio minorenne 

GRADISCA Ridotta a 19 anni la pena a carico dell’albanese 37enne Dritan Sulollari, che l’8 novembre 2017 uccise la moglie Migena Kellezi, 30 anni, in un appartamento di via della Campagnola, a Gradisca d’Isonzo. La sentenza di primo grado, che di anni ne aveva stabiliti 20, a fronte del rito abbreviato, è stata riformata dalla Corte d’Appello, al termine di una lunga udienza, ieri mattina, al Tribunale di Trieste. La Corte, presieduta da Igor Maria Rifiorati, ha pronunciato la sentenza dopo oltre due ore di Camera di consiglio. Un anno in meno, dunque, accogliendo il concordato che è stato patteggiato tra la Procura generale, attraverso il dottor Federico Prato, e la difesa, rappresentata dall’avvocato Paolo Bevilacqua.

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Motivo di accordo è stata la riduzione dell’aumento di pena in ordine all’aggravante legata al figlio della coppia, minorenne, che era in casa la mattina del tragico evento. L’applicazione per questa aggravante è stata una riduzione di pena di un anno, portando a 29 anni la condanna complessiva, rispetto ai 30 anni stabiliti in primo grado, giungendo pertanto ai 19 anni per effetto dello sconto di un terzo previsto dal rito abbreviato.

Omicidio Migena, 20 anni al marito Dritan
Migena Kellezi con il marito, Dritan Sulollari, in una foto del 2015 tratta dal profilo Facebook della donna, uccisa a coltellate dall'uomo. Gradisca d'Isonzo (Gorizia), 8 novembre 2017. +++ATTENZIONE LA FOTO NON PUO' ESSERE PUBBLICATA O RIPRODOTTA SENZA L'AUTORIZZAZIONE DELLA FONTE DI ORIGINE CUI SI RINVIA+++


Sono state confermate tutte le altre disposizioni contenute nella sentenza del Tribunale di Gorizia. Invariate quindi anche le provvisionali, 70 mila euro per ciascun genitore della vittima, 50 mila euro per la sorella di Migena, nonché 250 mila euro per il figlio della coppia. Durante l’udienza è stata illustrata l’istanza di patteggiamento di concordato, a fronte del parere favorevole della pubblica accusa, la Procura generale. Sono seguiti gli interventi delle parti civili, gli avvocati Alberto Tarlao che rappresenta la madre e la sorella di Migena Kellezi, e Fabrizio Carducci che sostiene il padre della vittima, i quali si sono espressi per il non accoglimento del concordato.

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I legali di parte civile, all’esito del procedimento, hanno osservato: «La riduzione si è limitata ad un anno, rispetto alla pena stabilita in primo grado. Ritenevamo, tuttavia, giusta la conferma dei 20 anni, anche perché l’imputato meritava una pena ben maggiore. Ora – hanno aggiunto i legali – con le recenti riforme intervenute, l’imputato sarebbe stato condannato alla massima pena. Non sono infatti più previsti riti abbreviati per i reati punibili con l’ergastolo, anche in ordine al reato di omicidio nei confronti del coniuge».

Migena Kellezi era deceduta per choc emorragico da lesioni vascolari multiple provocate da un coltello da cucina. Alla donna erano stati inferti fendenti diffusi in più parti del corpo. Lo stesso 37enne era rimasto ferito al palmo della mano. Dopo la morte della consorte, l’uomo aveva chiamato al telefono un amico carabiniere per raccontargli quanto aveva appena compiuto: «Ho fatto una sciocchezza», sarebbero state le prime parole pronunciate da Sulollari al carabiniere.

Il 37enne, che da 20 anni si trovava in Italia proveniente dall’Albania, con un difficile percorso di vita che l’aveva inserito in più contesti lavorativi, allora era in attesa di occupazione e da tempo comunque provvedeva ad ogni incombenza domestica. La coppia, da quanto all’epoca era dato sapere, era in via di separazione.—


 

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