Foiba in Slovenia, si litiga sulle sepolture

MARIBOR. Non c’è pace per le vittime di Huda Jama. Dopo che 346 scheletri sono stati custoditi in cassette di plastica per anni oggi finalmente per loro è in programma una degna sepoltura e sono stati stanziati a riguardo 800mila euro. Eppure anche sul sito cimiteriale si sono scatenate le polemiche, tra la Chiesa cattolica slovena e la Commissione statale per le vittime delle fosse comuni.
Alla notizia della loro riesumazione dal pozzo Barbara che si trova nella miniera della Huda Jama i prelati hanno chiesto che i resti vengano sepolti a Teharje, pochi chilometri a Sud di Celje visto che dal campo di prigionia di questa piccola località slovena le vittime sono state trasportate a Huda Jama per essere giustiziate sommariamente.
In questo modo, sostengono i vescovi sloveni, non si toglierebbe la giusta rilevanza storica e umana proprio a Teharje e chiedono altresì che ai resti venga fatto l’esame del Dna per un eventuale riconoscimento da parte dei parenti.
Di parere contrario, invece, a Commissione statale la quale, come dichiarato al quotidiano di Lubiana Dnevnik, preferisce quale sito cimiteriale il parco Dobrava di Maribor (una sessantina di chilometri più a Nord). La Commissione, infatti, sostiene che il terreno a Teharje risulta fortemente inquinato da scarti di lavorazioni industriali e quindi, per creare il cimitero servirebbero costose e complesse operazioni di bonifica.
Ecco perché la scelta dello Stato è caduta sul parco di Maribor anche perché serve un’area molto vasta in quanto i resti in gran parte sono quasi mummificati e quindi fanno sepolti in una fossa l’uno a fianco dell’altro.
Secondo gli storici sloveni la maggior parte delle vittime sarebbe croata e poi è passato troppo tempo perché si possa pensare che quei miseri resti abbiano in vita ancora dei parenti o qualcuno che ancora sta cercando che fine ha fatto il proprio caro.

I tecnici di anatomia forense vedono come estrema possibilità quello di conservare nei laboratori giudiziari il Dna delle vittime per una decina d’anni sperando che nel frattempo venga scoperta una tecnica per l’identificazione che non sia legata al Dna dei parenti.
Ancor più complesso il rientro in patria delle vittime croate. Fra i due Paesi non esiste ancora un accordo su questa triste tematica e, soprattutto, sostengono a Lubiana, Zagabria non si è mai fatta viva con noi. Ci sono già da anni i resti di 170 croati giustiziati dopo la guerra dai partigiani di Tito a Cerklje senza che la Croazia reclami il loro rientro in patria.
Senza dimenticare che poco più a Nord di Teharje, a Tezno in un’enorme grotta che veniva usata come postazione anti-carro giacciono almeno 15mila resti di vittime croate sempre giustiziate nel pogrom titino. Anche per queste non c’è stato, fin qui, alcun interesse da parte delle autorità di Zagabria.
Degli eccidi perpetrati a Huda Jama finora esistevano solo alcune testimonianze (anche se tutti coloro i quali vivevano nei dintorni sapevano bene che cosa era successo). Una di queste è quella di un autista di camion che all'apposita Commissione governativa ha dichiarato di aver preso parte nel giugno del 1945 al trasporto dei "domobranci" dal campo di concentramento di Teharje alla miniera di Huda Jama dove sono stati sommariamente fucilati.
I camion hanno trasportato per sette notti consecutive i prigionieri davanti alla miniera, fino a quando questa non si è riempita di cadaveri. Un conto sommario parla di 2.500 vittime. Solo nel 2008 l'apposita Commissione governativa ottenne le necessarie autorizzazioni per iniziare a scavare nel pozzo Santa Barbara.
I lavori iniziarono a luglio ma dopo aver abbattuto il primo muro gli operai si sono trovati davanti a un ammasso di materiali inerti che ricoprivano il pozzo. Si misero a scavare e, dopo aver bucato ben undici suolette di cemento armato che sigillavano il "buco" si sono trovati davanti alla macabra scoperta.
«Ho visto tante cose nella mia carriera - ha dichiarato il medico dell'Istituto di medicina legale di Lubiana dopo aver visitato il sito - ma quello che ho visto nella miniera ha sconvolto la mia coscienza».
I medici legali hanno accertato la presenza di almeno 346 scheletri mummificati, ma effettuati i sondaggi del pozzo che è profondo 45 metri hanno chiarito che in tutto i cadaveri presenti sono 2.500. I cadaveri, soprattutto di maschi, presentano fori alla testa e sul corpo.
Gli esperti ritengono che i prigionieri o sono stati ammazzati davanti alla miniera e poi buttati dentro, oppure gettati nel "buco" ancora vivi e poi ammazzati sistematicamente. Una tecnica che ricorda molto da vicino quella usata nelle foibe.
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