Fondazione Gaslini via da Trieste “Non ci hanno voluto”
Bonificata l'area vicino allo Scalo Legnami per un investimento di 15 milioni, ha aspettato invano l'ok del Comune. Aveva un accordo con Decathlon

TRIESTE. «La città non si lasci scappare un'occasione». Invece lo ha fatto agilmente. Ieri gli ultimi operai hanno dato una pulita in giro e chiuso definitivamente il cantiere Gaslini. Là dove doveva sorgere il centro commerciale destinato agli articoli sportivi della Decathlon, su 6000 metri quadrati di superficie. Là dove la Fondazione genovese che con la gestione del patrimonio finanzia l'ospedale per bambini "Giannina Gaslini" (un Burlo ligure) ha speso ben 15 milioni di euro per ristrutturare le aree dell'ex oleificio già affittate, e per urbanizzare, perfino con reti telematiche e informatiche, la zona restante, in tutto oltre 7000 metri quadrati in abbandono sui 45 mila dell'intero comprensorio (la seconda palazzina, da 1500 metri quadrati, avrebbe avuto 200 posti di parcheggio).
Là dove, infine, si è consumato un altro dei «no se pol» della città che voleva cambiare slogan e bandiera. «No se pol» infatti ha detto la giunta Dipiazza di fronte a una delibera dell'assessore Paolo Rovis che voleva accettare la proposta d'insediamento di sette (in origine nove) centri monomarca in periferia. Il sindaco si era detto sensibile però alla Gaslini, che «senza chiedere un euro» (lo sottolineano a Genova) aveva bonificato perfino dall'amianto, piantato alberi, e che voleva riportare in vita un'area dismessa tra Arsenale e Scalo legnami. Con l'affitto a un marchio popolare, a Trieste assente ma a Udine no, che aveva già il benestare dell'attiguo centro commerciale le Torri. Trattative, è bene dirlo, iniziate nel 2005. Sei anni di ben parlare, operai al lavoro, e poi all'improvviso la porta chiusa in faccia.
«Sto proprio uscendo dal cantiere - ha detto ieri a mezza mattina Enrico Torlo, l'architetto che da 10 anni lavora a Trieste per Gaslini -, qui resteranno due edifici al grezzo come dinosauri». Dal 15 dicembre la programmazione si era fermata, il 15 marzo scadeva il vellutato ultimatum al Comune, il resto dei giorni è stato un ritardo da brutto tempo.
«Gaslini ha speso 700 mila euro solo per le bonifiche da amianto - recita Torlo -, 100 mila per oneri di urbanizzazione, 2,5 milioni per rete fognaria, elettronica e telematica e per l'impiantistica, più c'è il costo della progettazione (congelata), la palazzina grande sarebbe costata 8,5 milioni e 2,5 la più piccola, più serramenti, arredi e contorni vari: Gaslini non può investire ancora senza certezze, andrebbe contro il suo mandato di Fondazione. E pensare che l'investimento di Trieste era il fiore all'occhiello della Fondazione, la miglior riqualificazione messa in campo in tutta Italia».
Era stato calcolato che Decathlon avrebbe dato lavoro a 200 persone. Se i sette centri cosiddetti «monomarca» si fossero insediati avrebbero occupato 27 mila metri quadrati di territorio extraurbano sugli oltre 403 mila che la legge regionale consente ancora di destinare ad area commerciale non alimentare e sui 105 mila autorizzati per l'alimentare, per oltre 430 posti di lavoro.
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