La dinasty dei Pesante al Petrarca, prof Guido va in pensione: «Mi manca già»
In pensione il docente che ha insegnato Storia e Filosofia a generazioni di studenti. Un percorso di famiglia: «Qui un fermento intellettuale»

Ha formato intere generazioni di studenti, insegnando con passione Storia e Filosofia, e cercando sempre di incuriosire i ragazzi, di motivarli e di coinvolgerli. Dopo trent’anni trascorsi al liceo Petrarca di Trieste, dal primo giorno di settembre Guido Pesante è ufficialmente in pensione.
Ma non è solo lui ad aver lasciato un segno nella scuola di via Rossetti, è anche la sua famiglia ad aver avuto un legame speciale con il liceo, lungo quasi un secolo. Suo padre Livio, infatti, è stato docente del Petrarca ininterrottamente dal 1939 al 1979, prima ancora si era diplomato sempre su quei banchi, così come la moglie Ada. Oltre a Guido anche sua sorella Paola ha prima studiato e poi insegnato al liceo, e anche sua moglie Eleonora. Diplomata come “Petrarchina” infine Veronica, la figlia di Guido ed Eleonora, che poi ha scelto un’altra strada lavorativa.
Guido Pesante ha iniziato la sua carriera al Petrarca nel 1995, dopo alcune esperienze in una scuola di San Giorgio di Nogaro e al Galilei di Trieste. E vi è rimasto per tre decenni, seguendo migliaia di studenti. «Di ricordi ne conservo tantissimi – racconta – è difficile isolarne alcuni soltanto, posso dire di aver sempre apprezzato molto il fermento intellettuale di questa scuola e la solidarietà umana, non sono ricordi puntuali ma impressioni dilatate nel tempo».
Parlando dei ragazzi e di come nel corso degli anni i giovani sono inevitabilmente cambiati, rileva che «nel lungo periodo hanno perso un po’ la motivazione e sono meno capaci di trattenere l’attenzione. Da parte mia ho sempre preteso che dessero il massimo e non mi sono arreso davanti alle difficoltà, per altro mai eccessive. Ho sempre mantenuto buoni rapporti con i ragazzi, con una sintonia positiva».
Tanto che molti ex studenti, anche a distanza dal diploma, «sono tornati a trovarmi, lo hanno fatto davvero in tanti – sottolinea – alcuni mi hanno anche scritto. Felici non solo del mio insegnamento, ma del Petrarca in generale. Il riscontro personale c’è stato e continua, e fa indubbiamente piacere quando mi cercano, quando si mettono in contatto, raccontando qual è stato il loro percorso dopo la scuola».
Ragazzi che provano un affetto che perdura nel tempo, nei confronti del Petrarca, tra chi torna con la memoria alle esperienze maturate in classe e chi ama invece riportare al “prof” i traguardi personali e professionali raggiunti. Ma è lo stesso Pesante ad avere un fortissimo legame con il liceo: «Ho detto ai miei colleghi che non organizzerò nessun momento conviviale per celebrare il pensionamento perché non c’è niente da festeggiare. Insegnare mi mancherà».
Anche per questo il professore è uscito come docente in quiescenza ma in realtà è già rientrato nell’istituto, «dove seguo un corso di formazione, per un progetto di storia contemporanea che vorrei portare avanti, sulla storia materiale del Novecento. So che è un po’ paradossale, perché sono in pensione, ma la realtà è che non sono ancora pronto a lasciare il Petrarca e questo testimonia ancora di più il mio forte attaccamento».
L’associazione che raccoglie ex studenti e docenti del liceo, con la professoressa Marina Mai, ha voluto ricordare anche un altro tassello della famiglia Pesante, «nell’ottantesimo anniversario della proclamazione delle leggi razziali si è voluta intitolare l’aula magna della sede centrale di via Rossetti ad Anita Pesante Burian, cugina di Livio, docente al Petrarca di Storia e Filosofia, anche lei, dal 1944 al 1985 e “Giusta tra le nazioni” – scrive Mai – per aver protetto una compagna ebrea, salvandole così la vita».
E aggiunge nel suo scritto ironicamente: «Insomma, una dinasty, quella dei Pesante, che non si tradurrà in una serie tv, ma resterà certo nei ricordi di molti studenti per le lezioni di vita e di pensiero che tutti hanno cercato, con passione e rigore, di trasmettere. Perché essere insegnanti è difficile, ma è veramente un mestiere bellissimo».
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