I 760 chilometri di “Camino” a 73 anni

Roberto Raffaele a piedi per l’intera antica via dei pellegrini fra Spagna e Francia

«Il mio Camino de Santiago non sono i paesaggi che ho visto, né le grandi cattedrali che ho visitato. Sono le facce dei pellegrini che ho incontrato: le ricordo una a una». Roberto Raffaele è triestino, ma da molto ormai vive in Val Rosandra: qualche tempo fa è stato uno delle migliaia di viaggiatori che ogni anno percorrono l'antichissima via di pellegrinaggio fra Francia e Spagna.

C'è qualcosa però, oltre alla sua personalità gentile ma forte, che rende il signor Raffaele speciale: i 760 chilometri del Camino lui li ha percorsi alle soglie dei 73 anni. Raffaele ha iniziato il pellegrinaggio dalla località francese di Saint Jean Pied de Port: «Prima di partire avevo preparato attentamente lo zaino - ricorda -. Bisogna fare attenzione a portare tutto il necessario senza far superare al bagaglio il 10% del peso corporeo: io sono andato un po' oltre, il mio zaino pesava 10 chili e certe volte sembrava trascinarmi a terra». Nella prima parte del viaggio il signor Raffaele ha attraversato i Pirenei, in un paesaggio verde ammantato di nebbia: «Da subito ho incontrato persone di ogni nazionalità - spiega -. La prima notte ho condiviso la tenda con un ragazzo coreano. Con qualche parola d'ogni lingua ci si intendeva tutti quanti».

Ogni pellegrino è guidato dalle tante frecce gialle che, disseminate lungo il sentiero, consentono di non perdere la strada: «Oltre alla freccia gialla anche la conchiglia "concha", da noi cappasanta, è diventata il simbolo del cammino - spiega Raffaele -. Molti pellegrini la tengono appesa allo zaino. Anticamente i pellegrini al ritorno nei loro paesi, per dimostrare di aver compiuto l'impresa, esibivano quella conchiglia che avevano raccolto nella vicina costa atlantica». Ben presto il pellegrino triestino è approdato in terra di Spagna. La sera prendeva rifugio in uno dei tanti "Albergue", ostelli laici o parrocchiali che accolgono i pellegrini: «Lì c'era occasione di conoscere e parlare con gli altri viaggiatori, magari cucinando assieme, e di vivere momenti di alta spiritualità».

Un chilometro dopo l'altro ha attraversato il paesaggio spagnolo, che alterna piccoli paesini medievali a paesaggi impressionanti come i brulli altipiani delle Mesetas: «Lì la strada avanza dritta in mezzo al nulla fino a toccare il cielo, capita di pensare “non ce la posso fare”. Ma poi ci si riesce, si arriva all'orizzonte: è questo il senso del Camino». A fianco alle chiese secolari e immutabili Raffaele ha notato anche i segni dell'odierna crisi economica: «Edifici costruiti a metà e abbandonati, il vero simbolo della crisi spagnola».

Dopo oltre un mese di viaggio, infine, Raffaele è arrivato a Santiago de Compostela, mèta del pellegrinaggio: «Giungere nella piazza e nella cattedrale dopo tante fatiche è un'emozione fortissima - ricorda -, a ripensarci ancora mi commuove. Ma la vera festa è incontrare all'arrivo tutte le persone conosciute durante il cammino». Dopo l'arrivo e la messa solenne che accoglie i pellegrini, il triestino ha proseguito (questa volta in bus) assieme a degli amici fino a Finisterrae: «Lì ho visto il sole tramontare sull'oceano Atlantico - dice -: la fine del mio pellegrinaggio». (g.t.)

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