I migranti siriani in Slovenia: «Italia? No grazie»

SENTILJ (SLOVENIA) "Italia? No, no, Germania, Svezia, no Italia", rispondono all'unisono da questo manipolo di migranti lungo la rotta balcanica. Tutti hanno un parente o un amico a cui appoggiarsi, ma il Belpaese a loro proprio non interessa. E se gli chiedi il perché scuotono la testa, sorridono e indicano l'Austria che oramai è lì, a pochi passi.
Austria che però la scorsa notte è ridiventata matrigna e non ha accolto nessuno. Risultato: il campo di Šentilj è stracolmo, oltre 4mila i migranti. I quattro tendoni che ospitano il dormitorio sono una bolgia. Tutti chiedono una brandina, tutti si cercano per formare i gruppi, vuoi familiari, vuoi etnici.
Wahid, barba scura, occhiali neri e un improponibile cardigan grigio addosso è iraniano. «Sono in viaggio da sette giorni - racconta - prima ho raggiunto la Turchia, un viaggio per il quale i passeur mi hanno chiesto tremila dollari. Dalla Turchia mi sono imbarcato su un gommone e ho raggiunto la Grecia e ora finalmente sono qui».
Si interrompe bruscamente, sente un poliziotto che grida un non ben definito ordine, prende la sua borsa e se ne va in cerca di un rifugio, in cerca della fila giusta che lo porterà in Austria.
Nella calca c'è un gruppo familiare di sette persone. Il portavoce è Mohamed, 15 anni che parla un po' di inglese. Sono scappati dalla città siriana di Khamishla. Anche loro hanno raggiunto la Turchia pagando ben 12mila euro a testa, in tutto dunque, 84mila euro ai trafficanti di uomini. Da qui, dalle parti di Smirne la traversata verso l'isola greca di Lesbo e poi il lungo cammino attraverso i Balcani.
Sono diretti in Svezia dove hanno degli amici. Sorride Mohamed, «siamo scappati dalla guerra», spiega. Ma se in Siria le cose si rimetteranno in ordine ritornerete? «Mai più, perché mai più ci sarà la pace in Medio Oriente», risponde seccamente il ragazzo.
Nel gruppone in attesa dell'Austria ci sono anche quelli più intraprendenti, ai quali evidentemente è rimasto ancora qualche risparmio nelle tasche. Un uomo sulla cinquantina, barba incolta e dentatura da paura ci fa l'occhiolino e in uno sgrammaticato inglese ci chiede: «Auto, Austria all togheter?» Eh no, il passeur proprio non lo faccio.
Fuori dal tendone militare dove avviene l'identificazione dei migranti il responsabile locale della Protezione civile, Rudolf Golob racconta oramai da giorni la stessa storia. «Noi cerchiamo di fare del nostro meglio - spiega - diamo loro cibo caldo e bevande, coperte, capi di abbigliamento più consoni alla stagione fredda».
Golob spiega inoltre che i disoccupati che hanno fatto richiesta di lavorare a Šentilj saranno affiancati per un breve periodo ai volontari per spiegare loro il tipo di lavoro e poi saranno indirizzati a vari compiti a seconda anche delle loro formazioni professionali.
Fa freddo a Šentilj, durante la notte la temperatura scendo sotto lo zero, e nel tendone dormitorio il riscaldamento non è proprio al top. Le patologie più frequenti tra i profughi sono malattie da raffreddamento, bronchiti con febbre e disfunzioni intestinali. Nell'area c'è un piccolo ospedalino da campo che fornisce tutta l'assistenza legata all'emergenza, mentre i casi più gravi vengono trasportati all'ospedale di Maribor.
L'altro ieri tra i migranti c'era una donna iraniana a poche ore dal parto. Aveva già le doglie ma non ha voluto sentire di essere ricoverata a Maribor. «Austria, Vienna», ha continuato a ripetere e non c'è stato verso di fermarla. Così come non c'è verso di arrestare questo interminabile fiume che dalla Grecia scorre in su verso Croazia, Slovenia e Austria.
I militari sono preoccupati. "Quanto durerà, qui non c'è una fine", afferma un ufficiale a Sentilj" e poi questo non è lavoro per l'esercito", conclude aggiustandosi la mimetica per raggiungere la tenda comando. Intanto da Dobova, sul confine con la Croazia, giunge la notizia dell'arrivo di altri 4 treni con 4.200 migranti a bordo più una decina di pullman. Domani è un altro giorno … di ordinaria migrazione.
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