Il monumento al Geniere firmato da Max Fabiani

Racconta Marco Pozzetto nel suo fondamentale testo “Max Fabiani” del 1998, che l’architetto di San Daniele fin dall’inizio aveva concepito per il monumento dedicato al Geniere la funzione di elemento...

Racconta Marco Pozzetto nel suo fondamentale testo “Max Fabiani” del 1998, che l’architetto di San Daniele fin dall’inizio aveva concepito per il monumento dedicato al Geniere la funzione di elemento spartitraffico, diversamente quindi dalle finalità esclusivamente estetiche che caratterizzano gran parte delle opere commemorative, collocate solitamente nel contesto di una piazza o di uno slargo.

L’opera in Repen del Vallone rappresenta la massiccia pila di un ponte per evocare la più tipica attività logistica del genio militare del superare i corsi d’acqua e, come il pilone di un ponte che fende la corrente, proprio negli immediati pressi del ponte di Piuma separa il flusso delle auto in entrata in via Torriani da quelle in uscita verso via don Bosco, per commemorare la VI Battaglia dell’Isonzo combattuta tra il 4 e il 17 agosto del 1916, quando Gorizia cadde in mani italiane.

Il monumento che venne inaugurato in piena Seconda guerra nel 1942, si presenta di “disarmante semplicità” geometrica con il cippo che poggia su una piattaforma di tre gradini, l’ultimo di quali in pietra nera del Vallone evoca la visione notturna del vicino fiume attraversato dalle truppe austriache in ripiegamento la notte del 7 agosto 1916. Sul retro della pila, una testata decorata dagli attrezzi del genio pontieri, ancora e remi, pala e piccone, con in basso la firma “Arch.M.Fabiani” e ai due lati il bassorilievo di un fascio littorio in canne palustri con la scritta “A.XX” e quello di un labaro d’epoca romana con aquila sommitale e le iniziali “V.E.III”. L’effige di Santa Barbara, patrona dei genieri, è collegata alla lupa romana con gemelli dalla scritta a rappresentare eloquentemente le caratteristiche del Corpo: “tenace, infaticabile, fedele”. Il bel manufatto è pervaso da quella retorica monumentale che contraddistingue le opere di regime celebrative la Grande Guerra, evidente nei monumentali sacrari di Redipuglia e Oslavia.

Non passa un anno che l’8 settembre del ‘43 cade il fascismo, la città viene occupata dalle truppe naziste e subito si svolge la battaglia di Gorizia, forse la prima battaglia partigiana in Italia, che dal 11 al 26 settembre vede 1500 combattenti della brigata proletaria monfalconese assieme a 500 partigiani sloveni impegnare circa 8 mila soldati dell’esercito germanico, con la vittoria di questo e la definitiva annessione al III Reich, fino alla liberazione del 1° maggio del ‘45.

Dopo la guerra bisogna epurare dalle immagini della propaganda fascista e sparisce così dal monumento la firma di Mussolini sotto la sua frase “sulle rive del Tevere è nata l’Italia, sulle rive dell’Isonzo è rinata”, come sparisce anche il fascio in canne palustri che si vede nel bozzetto, lasciando vuoto lo specchietto marmoreo. Stranamente è stato risparmiato l’acronimo del re fuggito a Brindisi e soprattutto è stata risparmiata quella che viene ritenuta l’effige di Mussolini, che spartisce sulla cimasa i simboli dell’Arma del Genio, verosimilmente per l’ambiguità della raffigurazione interpretabile anche come il volto del soldato italiano, con l’elmetto “Andrian” della Grande Guerra.

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