In carcere perchè non sanno dove andare

In attesa di giudizio, due fratelli caprivesi con disturbi psichici sono accusati di aver picchiato il padre. Non ci sono strutture adeguate
Di Laura Borsani

CAPRIVA. In attesa di giudizio per maltrattamenti in famiglia, nei confronti dell’anziano padre, quasi in scadenza dei termini della misura cautelare, due fratelli, di Capriva, sono in carcere da oltre due mesi, in stato di indigenza e senza la possibilità di risiedere almeno temporaneamente in un alloggio provvisorio. Sono affetti da gravi patologie di carattere psicologico. Seguiti dal Centro di salute mentale, abbisognano di adeguate terapie. M.C., 52 anni, e G.C., 54, da tempo convivono con disturbi della personalità, l’uno sofferente di depressione bipolare, l’altro di problematiche similari.

Per loro la realtà del carcere non rappresenta certo la condizione migliore considerato lo stato di disagio mentale. E l’esperienza che stanno vivendo, del resto, ha peraltro aggravato la loro delicata situazione.

«Non c’è ad oggi una struttura per ospitare i fratelli in regime di detenzione domiciliare - ha spiegato l’avvocato d’ufficio Sara Carisi, di Monfalcone, che sta seguendo il loro caso -. Nessuno è in grado di accoglierli. Della questione ho investito il sindaco di Capriva, a conoscenza della critica situazione, come pure i servizi sociali e il Csm. Non si trova una casa oppure un luogo di cura e assistenza».

Una questione valutata anche recentemente durante un incontro, richiesto dal legale d’ufficio Carisi, tra i Servizi sociali di Gorizia, l’assistente sociale di Capriva e gli operatori del Csm, che ancora una volta non ha sortito risposte.

Una realtà nota, quella dei fratelli malati che fino agli arresti, vivevano con l’anziano padre, di 80 anni, l’unico congiunto rimasto. Proprio per queste complesse dinamiche appesantite da condizioni economiche altrettanto precarie, non è mancato l’intervento dei servizi sociali, nonché del Csm, in particolare per il fratello più grave.

Ma pur sempre una convivenza per certi versi a rischio, scandita da una quotidianità altalenante, giornate che scorrono lungo un filo così sottile da potersi spezzare da un momento all’altro. Più volte i vicini di casa avevano chiamato i carabinieri. Momenti al limite. Culminati, a un certo punto, in una discussione. E nuovamente i vicini, preoccupati, avevano dato l’allarme. I fratelli quindi erano stati arrestati. Era lo scorso novembre. L’accusa è stata di maltrattamento in famiglia. Durante l’udienza di convalida, il Gip Cicero aveva confermato l’arresto disponendo la scarcerazione e l’allontanamento dall’abitazione paterna. Ma i due fratelli, senza tetto durante l’inverno, erano tornati a casa del padre. I carabinieri li avevano trovati durante i dovuti controlli e per loro era scattato un secondo arresto. Altra udienza di convalida per violazione della misura cautelare aggravata. E la permanenza in carcere dove sono tuttora rinchiusi.

Il problema di fondo è quello di tutelare le condizioni di fragilità psicologica dei due uomini, ma evidentemente anche di garantire la sicurezza dell’anziano padre.

Intanto si avvicina la scadenza dei termini di custodia cautelare. C’è da capire pertanto quale sarà la decisione del giudice, se saranno ravvisate le condizioni utili per la remissione in libertà dei due fratelli, potendo rientrare nella casa paterna, oppure invece se verrà disposta una nuova misura cautelare. Che potrebbe significare rimettere in ballo la stessa “emergenza”. Lo stesso bivio: trovare quattro mura assicurando l’assistenza necessaria o continuare la vita del carcere.

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