La casa fantasma del ’900 cambia carta d’identità

Scatta l’iter per il cambio di destinazione di palazzo Artelli con i 5 piani di marmi e stucchi abbandonati. Roma chiede lo status residenziale per favorirne la vendita
Uno degli interni di Palazzo Artelli
Uno degli interni di Palazzo Artelli

TRIESTE Il palazzo commissionato da Filippo Artelli ai primi del ’900 non vuole più ospitare scuole o sedi universitarie o istituti internazionali. Vuole cambiare abito per essere meglio vendibile: intende passare dall’attuale, vincolante classificazione urbanistica “S3 - Attrezzature per l’istruzione” alla più morbida e collocabile zona “A0 - Centro storico”. Con un obiettivo residenziale, che potrebbe essere variamente interpretabile, a cavallo tra appartamenti dove vivere e vani da affittare a visitatori desiderosi di un approccio diverso con la città. L’edificio è ambizioso e merita sicuramente di più rispetto all’attuale, fatiscente destino, con uno scrostato incastro tra via dell’Università e via Corti.

 

Il soffitto riccamente decorato di una delle sale di palazzo Artelli
Il soffitto riccamente decorato di una delle sale di palazzo Artelli

 

«Dal ministero dell’Economia e delle Finanze - racconta allora l’assessore all’Urbanistica Luisa Polli - hanno preso contatto con le nostre strutture chiedendo di cambiare la destinazione d’uso. Affinchè la procedura parta, uno dei primi passaggi è la cosiddetta Vas, Valutazione ambientale strategica, ineludibile per piani e programmi che possano avere impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale».

 

Trieste, all’asta il palazzo fantasma di inizio ’900 FOTO
L’impalcatura che da anni “ingabbia” la facciata principale di palazzo Artelli

 

Il Comune ha individuato quattro pubblici soggetti coinvolgibili nella Vas: sono Regione, Arpa, Soprintendenza archeologia - belle arti - paesaggio, Azienda sanitaria. Soggetti ai quali il Servizio pianificazione urbana chiederà il parere di competenza, che dovrà essere espresso entro trenta giorni dalla ricezione della documentazione municipale. La vicenda amministrativa non si esaurirà così facilmente - aggiunge la Polli - perchè dovranno dire la loro, trattandosi di una variante al Piano regolatore, il Consiglio circoscrizionale e quello comunale. Insomma, servirà qualche mesetto.

Ma servirà anche qualche spiegazione sul perché il Mef, il dicastero retto da Pier Carlo Padoan, ritenga opportuno che palazzo Artelli aggiorni la carta d’identità urbanistica. Spiegazioni che cominciano da lontano. Perlomeno dal 1951 - allora Trieste è sottoposta al Governo militare alleato - quando l’edificio, costruito nel 1904 su progetto degli architetti Giorgio Polli (fatale l’omonimia con l’assessore) e Antonio Bruni al posto di uno dei fabbricati eretti da Domenico Corti, viene acquistato dall’Inail. Il pubblico istituto lo affitta all’Università triestina, che vi stabilisce gli studi di Filosofia e utilizza la cosiddetta Sala Romana al primo piano per gli esami di laurea.

 

Residenze d’epoca e caserme a caccia di “nababbi” stranieri
la caserma di via Rossetti

 

Arriviamo ai giorni nostri e la stretta finanziaria consiglia la parziale dismissione del patrimonio immobiliare proprietà della “mano” pubblica. Nel 2013 il Mef crea la società InVimit chiamata a istituire uno o più fondi di investimento, uno dei quali è “i3-Inail”, nato nel 2014, che tra gli altri ingloba palazzo Artelli. Proprio “i3-Inail” procede formalmente alla richiesta di cambio di destinazione, allo scopo di una più agevole valorizzazione dell’edificio triestino. La delibera comunale chiarisce che l’immobile è da tempo inutilizzato e versa in condizioni manutentive scadenti: il ministero dei Beni culturali ne ha autorizzato l’alienazione. Ufficialmente “i3-Inail” non ha reso noto il prezzo di vendita, spiegando che della cifra ne avrebbe parlato direttamente con gli interessati all’acquisto.

Aleggia una vecchia stima, risalente ai primi anni del decennio 2000, che quotava palazzo Artelli attorno ai 900mila euro. Peccato che l’edificio sia così sciupato: insiste in una zona di pregio, è quasi dirimpettaio di villa Necker, sorge non lontano da via Lazzaretto Vecchio dove, proprio in una costruzione realizzata da Domenico Corti nella prima metà dell’Ottocento, l’Università sta compiendo un’importante opera di restauro. L’originale aspetto dello stabile, che evoca il Seicento veneziano, attrasse l’attenzione della storica d’arte Maria Walcher, che ebbe a definirlo «un vero unicum nella storia dell’arte triestina dell’epoca».

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