La città ottocentesca che brulicava di vita nei giorni di festa

Nella “Gorizia d’altri tempi” di Ranieri Cossar rivivono tradizioni e abitudini oggi lontane 

PUNTI DI VISTA



Ranieri Mario Cossar (1884-1963) raccontava nel suo “Gorizia d’altri tempi” del 1934, come «la fiera di Sant’Andrea, le cui origini si perdono nel grigiore dei tempi, aveva, verso la fine dell’Ottocento, ancora una certa importanza per Gorizia. Durava, come nei secoli passati, quindici giorni a principiar dal primo lunedì successivo alla festa del Santo», che cade sempre il 30 novembre.

La fiera investiva varie parti della città: piazza Corno (De Amicis), il Mercato degli animali all’angolo tra via Rafut e la via dietro il Castello (Giustiniani), piazza del Fieno (Julia) e piazza Sant’Antonio, ma soprattutto la piazza Vittoria, allora Travnik o piazza Grande, che si vede nell’immagine tratta dalla prima raccolta esaurita dei “Punti di Vista”, mentre è disponibile nelle librerie la seconda raccolta “Punti di vista altri 100 piccoli scritti”, che mostra in copertina le storiche marmette di cemento realizzate dalla ditta Maroni per il Corso del 1938.

Non troppo perfetta la fotografia di fine Ottocento con in basso la dicitura “Andreas-Markt”, che sullo sfondo di bancarelle con mercanzia esposta illustra l’abbigliamento di quell’epoca: lunghe gonne e cappellini per le signore; giacca, panciotto e cappelli a falda i signori; contadine in grembiale, zoccoli, cesta e fazzoletto annodato.

Spicca l’abbigliamento della coppia in posa a sinistra, lui l’unico con cappotto, bastone, bombetta e gran baffoni, lei con elegante borsettina al polso, giacca e coprispalle, chignon alto e un cappello circolare dalla larga falda curva e sollevata, che propende l’origine ungherese della coppia in visita a quella che era la Gorizia dell’Impero.

Ma erano piene anche tutte le strade di collegamento tra le piazze, la via dei Signori (Carducci) con tutti i negozi che esponevano il meglio all’esterno, mentre «in via del Rastello era un pigia pigia tale, che poteva dirsi fortunato chi la riusciva attraversare senza rimanerne malconcio. Ma ecco piazza Grande, il perno della fiera! Osservata dall’alto di qualche finestra, presentava un colpo d’occhio indimenticabile. La lunga, multicolore teoria di tende dei venditori sembrava fatta da barcacce alle quali venivano infrangersi ondate di gente desiderosa di farsi pellare. Ogni cosa si poteva acquistare alla fiera più a buon mercato del solito. Però, giunti a casa, la farina di buon affare s’era trasformata, come per magia, in altrettanta crusca di pessima qualità!». –





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