La crescita inarrestabile dei nuovi poveri

Richieste di aiuto alla Caritas salite del 10% in un anno. Sostegni economici a più di mille persone per pagare bollette e affitti
Di Gianpaolo Sarti
Foto BRUNI 28.02.17 Mensa della Caritas
Foto BRUNI 28.02.17 Mensa della Caritas

L’occupazione non riprende e le aziende continuano ad arrancare e a chiudere. L’ultimo report della Caritas consegna quindi un’altra drammatica fotografia, che parla di povertà e nuove povertà. Sono migliaia le persone che a Trieste, per tutto il 2016, hanno bussato alle porte di preti, suore, volontari e operatori specializzati. Per domandare un aiuto, spesso disperato. Al secondo piano della Curia, nel palazzo vescovile di Cavana, il direttore don Alessandro Amodeo osserva turbato il foglio che ha appena stampato dal computer. Prende la calcolatrice, fa due conti, tira una riga. Il 10%. «Sì, i nostri assistiti sono aumentati del 10%», sospira.

La fredda contabilità di quelle tabelle che il sacerdote si gira e rigira tra le mani dice che oggi c'è un esercito di 1.017 italiani e stranieri che si rivolge al Centro di ascolto per pagare una bolletta, l'affitto o debiti con le finanziarie per acquisti poco accorti. Al supermercato di via Chiadino, l'Emporio della solidarietà, si sono recati invece in 2.500 per fare la spesa gratuitamente. Nel frattempo la mensa di via dell'Istria ha preparato 255mila pasti, 700 ogni santo giorno. Lì non guardano la carta d'identità. «Se uno ha fame mangia e basta», taglia corto don Alessandro. Ma è chiaro che anche là, per un pranzo, arriva ormai di tutto: dal profugo afghano al commerciante triestino sul lastrico. Dalla coppietta di giovani senza un impiego, al clochard.

Il centro di ascolto

Sono dunque 1.017 le persone accolte nel 2016 dal centro di ascolto di via Cavana 15. Erano 925 l’anno prima (+9,9%). Per la maggioranza, pari al 52,4%, sono italiani, per tre quarti triestini. Il 47,6% invece è straniero. Il servizio, come noto, assicura aiuto nel pagamento di bollette, affitti e debiti per acquisti contratti con le finanziarie. L’intenzione, oltre che aiutare chi ha bisogno sostenendo le spese altrimenti ingestibili, è creare percorsi di accompagnamento personalizzati: capire chi si ha di fronte, innanzitutto. Perché spesso dietro al disagio economico, causato magari dalla perdita del posto di lavoro, si nasconde anche altro: alcolismo, sostanze e dipendenze da gioco, ad esempio. Al Centro di ascolto cercano anche forme di mediazione con le società e gli enti per rateizzare gli arretrati. Non mancano ormai i commercianti e i ristoratori piegati dalle tasse.

L’emporio della solidarietà

È un vero e proprio supermercato, aperto nel 2013, dove possono andare a fare la spesa le persone in difficoltà economica accertata dal Centro di ascolto, le parrocchie e gli assistenti sociali. Si trova in via Chiadino. Stando ai dati della Caritas, sono 2.500 le persone che hanno usufruito del servizio nel corso 2016, a fronte dei 1.900 del 2015. Si tratta di 150 nuclei familiari al mese. Il 60,1% è composto da italiani residenti, il 39,9% da stranieri.

La mensa

La mensa Caritas di via dell'Istria ha erogato durante il 2016 ben 255mila pasti. Nel 2015 ci si fermava a 230 mila. La cucina prepara da mangiare ogni giorno per 700 persone: 140 per il refettorio “Giorgia Monti” della struttura del Teresiano, 380 per la mensa cittadina, e altri 200 per Casa Malala di Fernetti che ospita i migranti. «Da noi viene gente di tutti i tipi - afferma don Alessandro - ci sono sia richiedenti asilo, nell'ambito del sistema di accoglienza, sia triestini». Tra loro c’è chi ha perso il lavoro, padri separati, ex imprenditori e commercianti, giovani senza un impiego e barboni. «C'è di tutto - osserva il direttore -. È proprio dalla mensa che spesso ci si rende conto della situazione in cui versano in tanti e di cosa possa significare oggi la povertà a Trieste. Purtroppo anche in questo caso il dato è in continuo incremento - aggiunge - ed è difficile capire quando il contesto socio-economico migliorerà. Ciò che mi fa riflettere è vedere anche giovani, che magari arrivano in coppia. Mi domando, dentro di me, come sia possibile che non abbiano neppure quattro o cinque euro per prendersi un pezzo di pizza. Noi diamo da mangiare a tutti. Certo, dopo il terzo o il quarto accesso - precisa il sacerdote - iniziamo a informarci un po’, a domandare il nome e la situazione che ha spinto la persona a venire da noi per cercare di capire se si può aprire un percorso di accompagnamento di uscita dal disagio».

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