La donna rapinata in gioielleria, «Quei minuti terribili con il mio soldatino»

MONFALCONE Dieci minuti “prigionieri” all’interno del proprio negozio. Madre e figlio, di 8 anni, in balia dei due rapinatori che hanno agito a volto scoperto. Costretti a sottostare a quelle minacce, alle loro “regole”. Con una pistola puntata e le botte. Un’eternità per Claudia Zarcone e il suo bambino, appena entrati alle 9.15 dell’altra mattina, dopo l’apertura del laboratorio orafo “Andrea Gioielli” in via Bixio. Dieci minuti per svaligiare due cassaforti dei gioielli e preziosi contenuti, a fronte di un valore di almeno 150mila euro. La signora Claudia, assieme al marito Andrea Petric, ora vuole solo dimenticare. La famiglia deve poter riprendere la sua quotidianità. Si volta pagina, almeno tentando di “mettere una pietra sopra” ai ricordi.
L’altro pomeriggio, di rientro dal Commissariato di Polizia, Claudia è tornata al negozio, evidentemente rimasto chiuso, dopo l’intensa mattinata appannaggio dei rilievi della Polizia e degli uomini della Scientifica.
La donna s’è messa comunque al lavoro, a pulire il negozio. «Avevo paura, per il mio bambino. È sveglio, molto preciso, un vero soldatino», ha osservato pur ancora sconvolta e disorientata. Non è facile sostenere una giornata di alta tensione, dopo quanto vissuto. Ma i ricordi riaffiorano. Erano le 9.15, Claudia aveva appena aperto l’attività e stava allestendo la vetrina, la cassaforte aperta, mentre il marito era al bar a consumare un caffè. Andrea Petric era ancora del tutto inconsapevole di quanto stava accadendo in gioielleria. Quei due giovani rapinatori le sono rimasti ben impressi nella mente.
«È stato improvviso - ha raccontato la donna -. All’inizio sembrava tutto normale. Il primo uomo ha suonato al campanello del negozio dicendomi se mi ricordavo di lui, quando un mese fa era venuto a farsi mettere da parte una collana. Non ho subito realizzato il ricordo del suo volto, tuttavia, in buona fede, gli ho aperto. Poi, dietro le sue richieste di rivedere il ciondolo, mi stavo apprestando ad aprire la seconda cassaforte, quando è suonato ancora il campanello. Era l’altro complice. Mi sembravano due giovani normali, niente di strano».
Finchè, una volta entrato anche il complice, la donna purtroppo ha iniziato a rendersi conto del pericolo incombente.
«Il primo giovane mi ha stretto le spalle da dietro, dicendomi di stare calma, che era una rapina e che il suo compagno era armato. Ho visto la pistola puntata, mentre mi veniva intimato di aprire la cassaforte».
Il bambino ha poi tentato furtivamente di chiamare al cellulare il papà. «Non ha fatto in tempo a chiamarlo per avvisare Andrea della rapina - ha aggiunto la donna -, i malviventi tenevano sotto controllo tutto. Mio figlio, temendo di venire scoperto, ha così buttato a terra, vicino alla mia borsa, il cellulare».
Claudia era combattuta: la paura in quegli impressionanti momenti si mescolava all’impulso di tentare di difendere i gioielli, il frutto di tanto lavoro e sacrifici. Ma su tutto, c’era il suo bambino da proteggere.
Qualcosa, però, doveva pur tentare di fare. Trovare il modo, l’attimo giusto per chiedere aiuto. Claudia ne ha approfittato proprio quando lei e il figlio sono stati bloccati all’interno del bagno. «Ho gridato aiuto, la finestra del bagno dava nell’area esterna, speravo che qualcuno mi sentisse». Per questo s’è presa i ceffoni in viso. La donna non s’è mai data per vinta. Ha anche premuto due volte il pulsante dell’allarme anti-rapina, appena le si era offerta l’occasione per passare inosservata. E quando è venuto il momento della fuga dei malviventi, trovatisi “bloccati” all’interno dal sistema automatico della porta blindata, non ha perso tempo: «Ho fatto subito uscire il rapinatore armato di pistola. Nel frattempo, l’altro rimasto ancora all’interno del negozio, continuava a intimarmi di aprire. Andava avanti e indietro, verso di me e verso la porta. Si può uscire, infatti, solo nel momento in cui scatta l’apertura dell’ingresso. Non volevo lasciarlo andare. Ero disposta a prendermi altre botte». E dire che Claudia, proprio quella mattina, prima della rapina, aveva avuto una sorta di “sesto senso”: aveva notato un uomo nelle vicinanze del negozio. Insolito, tanto che al figlio aveva detto: «Vedi, bisogna stare attenti, non si sa mai chi si può incontrare...».
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