Caso Resinovich, Visintin: «Non ho ucciso io mia moglie Liliana, sto vivendo un dramma da tre anni e mezzo»
Il marito indagato per l’omicidio volontario della moglie: «Sono felice di essere a Trieste, se ci sarà il processo, sono a disposizione»

Sebastiano Visintin si professa innocente intercettato mentre guida dalle telecamere e i microfoni dei giornalisti, e le sue parole arrivate dopo alcuni giorni di silenzio rimbalzano sulle agenzie: «Io non ho niente a che fare con la morte di Liliana, assolutamente, e sono felice di essere qua a Trieste, ho trovato una città meravigliosa, sono venuto qua nel 1995».
Da quando è risultato l’unico indagato per l’omicidio della moglie, Liliana Resinovich, cerca di misurare quanto dice, ma dopo le sue gite in Austria a pochi giorni dalla notifica dell’avviso di garanzia, e a Fano a Pasqua, ci tiene a far sapere di nuovo che è a Trieste e che «se ci sarà il processo io sono qua, a disposizione».
E nonostante tutti i titoli sui giornali garantisce di «vivere alla giornata, non penso a ieri, non penso a domani». «Sto vivendo un dramma da tre anni e mezzo che non auguro a nessuno, però, come dicevo a Liliana, la vita è bella», prosegue. Si trattiene poi dal lanciarsi in ipotesi sulla morte della moglie, scomparsa il 14 dicembre 2021 e ritrovata senza vita il 5 gennaio 2022 nel parco dell’ex Opp, e ripete: «Ci sono gli avvocati per questo, i consulenti».
Visintin non risponde dunque a domande su quanto messo nero su bianco dalla pm Ilaria Iozzi che ricostruisce nell’ipotesi di reato che abbia aggredito la moglie «all’interno del parco dell’ex Opp, in prossimità di via Weiss, all’altezza del civico 21» e che l’abbia uccisa soffocandola. E non risponde nemmeno alle accuse ribadite all’Ansa da Claudio Sterpin, l’amico speciale di Liliana, che sostiene che Visintin non sia stato l’esecutore materiale dell’omicidio ma che conosca chi è il colpevole. Intanto, a giorni dovrebbe arrivare la decisione della gip Flavia Mangiante riguardo alla richiesta di Iozzi di acquisire la testimonianza di Claudio Sterpin con incidente probatorio.
Visintin si era detto «tranquillo» anche nelle prime parole pronunciate ai media da indagato, raggiunto al telefono dal Piccolo. Il marito infatti nella prima indagine non era mai stato attenzionato dalla Procura in questi termini, anche perché la prima consulenza medico legale affidata ai medici Fulvio Costantinides e Fabio Cavalli sosteneva che Liliana si fosse suicidata, togliendosi il respiro con i sacchetti in cui il suo corpo è stato ritrovato.
Tutto è cambiato dopo la consulenza medico legale che la Procura ha affidato allo staff dell’antropologa forense Cristina Cattaneo che esclude ci siano «elementi tecnico scientifici che supportino l’ipotesi del suicidio», e che invece si debba ritenere che Liliana è morta per «asfissia meccanica esterna» e che il decesso sia sopravvenuto nella mattina stessa della sua scomparsa.
Pochi giorni prima di parlare al Piccolo, la casa di Visintin era stata sottoposta a una perquisizione nella quale erano stati presi un maglione giallo e dei guanti arancione scuro, indumenti uguali a quelli che indossava nel video realizzato con la GoPro durante il giro in bicicletta che aveva effettuato proprio il 14 dicembre 2021. All’epoca aveva detto che riteneva che l’indagine a suo carico fosse «un atto dovuto»: «Sono il marito, la persona più esposta», era stato il suo ragionamento.
Ora, a distanza di più di un mese non sono comparsi altri nomi di persone indagate. Ma gli interrogativi e i misteri attorno a questo caso continuano a essere moltissimi.—
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