Lubiana, si accende lo scontro fra Janša e mondo della cultura

LUBIANA. Il Partito democratico (Sds, destra populista) di Janez Janša non ci sta. Il manifesto firmato dai 75 intellettuali e accademici sloveni contro la sua politica proprio non lo ha digerito, al punto di dare mandato allo studio legale Matoz di chiedere che il primo firmatario Rudi Rizman smentisca quanto da lui scritto, soprattutto la parte relativa ai presunti finanziamenti dall’Ungheria di Orban alla Sds.
Ricordiamo che nel manifesto si accusa il partito di Janša di essere portatore della retorica dell’odio, dell’intolleranza, della xenofobia e della menzogna, del populismo nazionalista, di pressioni dirette sulla magistratura, di “orbanizzazione” e di manipolazione della storia. E tutto questo a fronte di un governo dimissionario, di consultazioni politiche in atto che vedono proprio Janša protagonista nello sforzo di dare vita a un esecutivo di centrodestra, e ad elezioni politiche anticipate dietro l’angolo.
Lo studio Matoz vuole che Rizman di cancelli immediatamente le dichiarazioni nello stesso modo in cui le ha fornite, altrimenti «saranno costretti ad avviare tutte le procedure necessarie per evitare il danno aggiuntivo che potrebbe verificarsi al cliente (la Sds ndr.)». «Non c'è dubbio che avete compromesso la reputazione e la buona volontà del nostro cliente con le vostre dichiarazioni», ha scritto Franci Matoz (il titolare dello studio) in una lettera a Rizman, aggiungendo che egli ha reso le sue dichiarazioni dopo che la Sds aveva ufficialmente smentito di essere finanziata dall’estero a seguito delle dichiarazioni in questo senso fatte dallo stesso premier dimissionario Marjan Šarec al quale è giunta, tra l’altro, una simile richiesta di smentita, per ora mai espletata.
Rizman ha risposto alle intimazioni legali della Sds in un comunicato stampa insieme ai firmatari del summenzionato manifesto. Hanno scritto che solo quattro giorni dopo l'annuncio pubblico delle proprie opinioni, potevano affermare con indignazione che il manifesto aveva innescato una valanga di discredito personale nei loro confronti accuratamente pianificato, con insulti, bugie, umiliazioni e manipolazioni. «Sebbene non possiamo dire che non ci aspettassimo tali reazioni - hanno sostenuto - hanno mostrato nel modo più brutale e primitivo quanto avevamo ragione nelle nostre affermazioni, ossia che già oggi in Slovenia viviamo una profonda epurazione politica, che è attuata con l’aiuto delle trombe dei suoi media per compromettere senza impedimenti i propri avversari».
«Siamo consapevoli - conclude la risposta degli intellettuali - che non siamo né la prima né l'ultima vittima, ma sentiamo il dovere di ribadire l'avvertimento che la politica radicale, con tali metodi e mezzi degni di regimi totalitari, non merita alcun posto di rilievo sul piano politico, figuriamoci se guidasse la Slovenia». Hanno inoltre notato che altri si sono uniti ai primi 75 firmatari e che tutti «sono vincolati dall'onestà e dalla verità, per questo le minacce di procedimenti giudiziari da parte di chi nel seminare odio parla dell’urgenza della libertà di parola, non ci spaventeranno, né ci sottometteranno». —
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