L’uomo privo del porto d’armi La pistola doveva stare in casa

Stellio Cerqueni era “pulito”, prima di uccidere la figlia e togliersi la vita. Un cittadino senza “macchia”. Nessun precedente penale o di polizia, nessun elemento a suo carico fornito da familiari, ma anche da istituzioni sanitarie o da altre istituzioni.

Tuttavia, non poteva fare uscire di casa le armi detenute. L’uomo, infatti, non era dotato di porto d’armi, piuttosto ne risultava detentore. E la detenzione presuppone che le armi debbano rimanere nell’abitazione. L’ottantottenne venerdì mattina aveva con sè l’arma di quello che è drammaticamente diventato un omicidio-suicidio.

Armi solo detenute, dunque, come risulta alla Questura che ha ripercorso le procedure alle quali l’uomo si era sempre attenuto nel tempo. La prima denuncia di detenzione era stata effettuata nel 1996 al Commissariato di Polizia di Monfalcone. L’unico obbligo, per la detenzione legittima di armi comuni da sparo, non essendo necessaria alcuna preventiva autorizzazione da parte dell’Autorità di pubblica sicurezza, ossia la Prefettura e la Questura. E Cerqueni è sempre risultato in regola con le proprie armi. Anche quando, a fronte del decreto legislativo 121/2013, era intervenuto un ulteriore obbligo, relativo alla presentazione, ogni cinque anni (inizialmente era ogni sei) di un certificato medico attestante il possesso dei requisiti psichici. L’uomo aveva provveduto a presentare la documentazione sanitaria in ordine al possesso dei requisiti psichici per la detenzione delle armi nel 2014, ripresentandola il 20 novembre 2019, alla scadenza quinquennale.

Preciso e puntuale, anche quando alla moglie Rosetta aveva raccomandato: con la sua morte la donna doveva consegnare le armi alle forze dell’ordine. Una precisione alla quale ha soprasseduto, evidentemente violando l’obbligo e commettendo un reato, nel momento in cui venerdì s’era infilato nel taxi con la sua pistola per freddare con due colpi la figlia Dorjana a Rubano, e rivolgere l’arma contro di sè. Tutto ormai era nella sua testa, un delitto da portare a termine nei confronti della propria congiunta, unica figlia, per poi farla finita. Nulla gli è sfuggito, per lui tutto era già destino compiuto. Nè gli sono sfuggiti malcelati comportamenti, parole sfuggite al controllo, non avendo suscitato anche il minimo interrogativo, dubbio, contraddizione. Non solo per la consorte, ma per chiunque lo conoscesse, Stellio era l’uomo gentile, preciso, a modo, e sempre ben vestito. Che aveva certo fatto sapere del suo viaggio per Padova, ma per sottoporsi ad un intervento chirurgico al ginocchio. —

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