«Mia figlia sulla nave ai Caraibi chiusa in una cabina con la febbre»

La madre di una triestina che fa parte dell’equipaggio: «Non si trovano soluzioni per il rimpatrio»
La Costa Magica
La Costa Magica

TRIESTE «Mia figlia sta male, da giorni ha la febbre, è bloccata sulla Costa Magica nei Caraibi. È un membro dell’equipaggio, sono rimasti solo loro a bordo. Nessuno si muove per i rimpatri. La situazione è insostenibile». È la denuncia di una mamma triestina, Ileana Ziani. Sua figlia Sofia, 24 anni, è isolata in una cabina, in attesa di un tampone e soprattutto di rientrare in Italia. Dopo un giro nel Mediterraneo, la nave era partita a dicembre dall’Europa diretta ai Caraibi, per imbarcare passeggeri da tutto il mondo. E così è stato fino a poco tempo fa, quando sono saliti gli ultimi turisti. «Il 26 febbraio sono iniziati i rifiuti di diversi porti - racconta la mamma - non lasciavano attraccare la nave, in molte località c’era paura. Eppure la crociera è continuata. Anche il 6 marzo sono salite nuove persone, quando ormai in Italia l’emergenza era già iniziata e venivano prese misure di sicurezza urgenti, come in altri Paesi. Tutto questo - prosegue la donna - ha creato paura e malumori negli stessi passeggeri che si trovavano a bordo e che, probabilmente, davanti a notizie non chiare, si sono rivoltati contro l’equipaggio. Mia figlia che lavora al desk, all’accoglienza, ha dovuto chiudersi in ufficio. Aggredita, come altri suoi colleghi, dalla gente infuriata. Finalmente qualche giorno dopo hanno deciso di far sbarcare tutti».

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La donna sperava che a quel punto l’incubo fosse finito. «Invece l’equipaggio ha avuto l’obbligo di restare a bordo. Inizialmente hanno detto a tutti di rimanere chiusi nelle proprie cabine, ma per mangiare potevano uscire e quindi frequentare gli spazi comuni. Senza precauzioni. Avevano poche mascherine, e non adatte a essere riutilizzate. Ci sono stati anche casi di Covid19 a bordo - aggiunge - prima dell’uscita dei turisti, e una conseguente sanificazione. A quel punto sarebbe stato giusto mandare a casa anche l’equipaggio. Invece non è stato fatto. Negli ultimi giorni hanno deciso di destinare ogni persona a una sola cabina, dove vengono recapitati anche i pasti. Ma non mi sembra normale lasciare i lavoratori lì, in un contesto di questo tipo. E la nave al momento non può attraccare da nessuna parte, naviga e basta».

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Ma il grido d’aiuto della donna non è l’unico. Cercando sul web si scoprono le voci di altri italiani. Sarebbero 130 in tutto a bordo, molti chiedono aiuto, vorrebbero tornare a casa con un volo, sperano che l’Italia si organizzi per un aereo al più presto. Temono di dover passare una lunga quarantena in mezzo al mare. Si sono appellati a televisioni, giornali e social. E in tanti casi per voce dei genitori che passano ogni giorno ore al telefono inviando mail, scrivendo al ministero degli Esteri, ad ambasciate e consolati. «Sono in contatto anche con altre famiglie di ragazzi a bordo. La compagnia minimizza ciò che sta accadendo». L’altra sera Costa ha diramato una nota in cui sostiene che «la situazione medica a bordo è costantemente monitorata dallo staff medico» mentre «una delle opzioni» su cui la compagnia «sta lavorando con le autorità è la possibilità di organizzare il ritorno a casa di parte dell’equipaggio con voli aerei».

Ma «intanto noi stiamo impazzendo - dice la mamma triestina - non sappiamo più dove sbattere la testa. Abbiamo cercato di attivare vari canali ma non succede nulla. Mi sono rivolta anche a qualche politico locale. Non si trova una soluzione. E ciò che più mi spaventa è che da quattro giorni mia figlia sta male, ha la febbre. Spera sia solo un’influenza, in ogni caso non vengono fatti i tamponi. Almeno per ora. L’ho vista rossa in volto. Non dormo più perché in questo momento - conclude - penso solo a monitorare mia figlia a distanza». —


 

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