Morto Prioglio, protagonista del porto

Lo piangono non solo in famiglia, ma anche in porto, per l’eccezionale vigore, per la storia antica della sua ditta di spedizioni, per il ricordo delle imprese ungheresi, per come si era battuto per ciò in cui credeva (le battaglie aspre contro il riuso di Porto vecchio), per l’impegno nelle associazioni di categoria, e infine per la dignità e l’orgoglio con cui aveva patito in questi ultimi anni il crollo dei rami della sua antica azienda fondata nel 1903 dalla famiglia di origini piemontesi, fino al fallimento dell’ultima “costola” marchigiana nel 2011. A 75 anni è morto Roberto Prioglio, per 21 anni ininterrotti (fino al 2008) presidente dell’Associazione degli spedizionieri del porto di Trieste. Un male sopportato per anni lo ha infine tradito.
«Sono profondamente sconvolto - sono le uniche parole che riesce a pronunciare Guido Valenzin che gli è succeduto nella carica -, Roberto Prioglio era un amico di tutta la categoria, un uomo di poche parole e molta competenza». «Lo avevo sentito solo un paio di mesi fa - dice Ampelio Zanzottera, presidente dell’Associazione degli imprenditori portuali - ed era un garibaldino come sempre. Ricordo come 15 anni fa lo seguii un Ungheria dove aveva aperto un’azienda, io ero giovane ma mi sono stroncato di fatica, lui era sempre dappertutto, saltava da un aereo all’altro: in Ungheria, a Trieste, in giro per l’Italia, a capo della Confetra (conferederazione delle associazioni di trasporti), della Fedespedi nazionale, delle associazioni di categoria triestine. Una forza della natura. Una persona eccezionale che, nel suo ruolo, ha sempre messo avanti gli interessi collettivi rispetto ai propri».
Nel nome Prioglio sta un bel pezzo della storia dei grandi traffici che hanno fatto a suo tempo la ricchezza di Trieste. E che comincia nell’800 col nonno piemontese commerciante di animali che si spostava via via al seguito dei confini sabaudi, fino ad approdare a Fiume, e che continua con il trasloco del padre a Trieste. Lo stesso Roberto era nato a Postumia. «Quando gli disse che, visti i nuovi confini, si sarebbero trasferiti a Trieste - ricorda Zanzottera - , il padre lo ammonì: “Dimenticati che abbiamo mai avuto magazzini a Fiume”». I Prioglio divennero tra i grandi protagonisti del Porto che oggi è detto “vecchio” con il Terminal animali vivi, andato profonda in crisi e poi chiuso dopo che le politiche Ue avevano creato situazioni fortemente dissuasive in termini economici. Ancora nel 2003 erano passati per il terminal oltre 81 mila capi di bestiame. In quello stesso anno Prioglio diffidò l’allora presidente dell’Autorità portuale, Maurizio Maresca, ad avviare concessioni nell’area per il riuso civile dello scalo ormai semi-dismesso. E nel 2008 rinnovò richiesta di ampie concessioni per tagliar la strada ai progetti di riconversione. Irritando a fondo il sindaco Roberto Dipiazza: «Se il Porto vecchio viene dato agli spedizionieri, io mi dimetto».
Poi, dopo l’estensione e diversificazione dell’attività con sedi a Prosecco e a Fernetti, e una acquisizione ad Ancona che comportò nel 2007 il trasferimento di fatto della ditta nelle Marche, gli anni difficili. La crisi si affaccia nel 2008 sull’impero della Tomaso Prioglio International, poi International spa, arrivata a liquidazione nel 2009, e dichiarata fallita nel dicembre 2011, anno in cui i Prioglio padre e figlio finiscono anche in un’indagine giudiziaria. Una parte della famiglia mantiene ancora l’attività nello scalo di Prosecco, ma il patriarca ferito è andato via.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo