New York, muffa e ragni nell’appartamento di Tito

Una biografia del Maresciallo fa ancora bella mostra di sè sul comodino Fu il luogo dove la diplomazia jugoslava tesseva le sue tele. Un’eredità contesa
epa000274335 Actor Jack Nicholson walks down the runway at his daughter's fashion show. The Jennifer Nicholson Sping/Summer 2005 collection at Olympus Fashion Week in New York Sunday September 12 2004. EPA/PETER FOLEY
epa000274335 Actor Jack Nicholson walks down the runway at his daughter's fashion show. The Jennifer Nicholson Sping/Summer 2005 collection at Olympus Fashion Week in New York Sunday September 12 2004. EPA/PETER FOLEY

di  Mauro Manzin

TRIESTE. Polvere, ragnatele, decadenza eppure ovunque si respira il “profumo” della Jugoslavia. Quella vera, quella di Tito. E non a caso, nonostante l’incuria e l’abbandono, sul comodino del letto del “flat” al 730 di Park Avenue a New York, già appartamento di rappresentanza della Repubblica federativa socialista, fa bella mostra di sè una voluminosa biografia del Maresciallo, quasi un feticcio delle Bibbie che ingombrano i comodini delle camere d’albergo americane, una sorta di sacra scrittura comunista da conslutare prima del giusto sonno.

Ad entrare nel sancta sanctorum jugoslavo della Grande mela è stato un giornalista croato che è riuscito anche a fotografare gli esclusivi ambienti social-newyorkesi dove razzolava la nomenklatura di partito. Il colore che predomina e un aragosta molto in voga negli anni Settanta. Quel che resta di tavoli, mobili e sedie testimonia di uno stile belle-epoque condito dal gusto balcanico di una suppelletteria ricca di vasi e brocche in argento di tutte le taglie. A colpire immediatamente però sono i quadri presenti, tutti di gran pregio e appartenenti a pittori della moderna scuola jugoslava.

Il salone principale è molto ampio e luminoso adatto perfettamente a ricevimenti e cocktails. C’è poi un piano superiore a cui si accede da una scala ovale. Qui un faraonico bagno e ben sei stanze da letto, tutte, nonostante il degrado, arredate non in modo sfarzoso ma che appaiono subito molto “calde”, non fosse per l’odore di chiuso e di muffa. Gli ambienti sono molto umidi, le carte da parati si staccano dalle pareti e gli intonaci dei soffitti sono crepati e cadenti.

In passato ci sono state anche alcune perdite d’acqua per cui nei bagni i sanitari sono spostati per permettere agli idraulici di tappare le falle e evitare l’allagamento degli appartamenti sottostanti.

Una delle ultime inquiline del “flat”, una studentessa che aveva vinto una borsa di studio negli States e che vuole restare anonima, racconta che c’erano molti ospiti dell’allora ambasciatore Lazar Mojsov (deceduto) che frequentavano la casa, per cene o ricevimenti. Una volta è stato ospite l’ambasciatore indiano, in un’altra occasione in una riunione di diplomatici c’era anche l’ambasciatore francese il che rappresenta anche un indicatore di come si muoveva in quegli anni Settanta la politica estera jugoslava e di come la stessa veniva valutata in Occidente.

Secondo il viceambasciatore serbo alle Nazioni Unite, Milan Milanovic, l’appartamento di Park Avenue sarà suddiviso tra gli Stati indipendenti nati dalle macerie jugoslave secondo i parametri stabiliti dal Fondo monetario internazionale e, quindi, a Belgrado spetterà il 39% del ricavato da un’eventuale vendita. Ma la Serbia fa i conti senza l’oste perché al momento dell’accordo sull’eredità jugoslava il Montenegro era parte integrante della federazione tra Belgrado e Podgorica mentre ora è indipendente e non vorrà certo essere escluso dalla divisione della posta. Tra gli eredi si respira aria di disaccordo, dunque. Su un unico punto nessuna discussione: ci sarà un broker che gestirà la vendita del “flat” e la divisione del ricavato. Si parla di un prezzo che può variare dai 15 ai 20 milioni di dollari.

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