«Non ha i soldi? Niente ambulanza»
Proteste al calor bianco, mugugni nemmeno tanto sommessi, prese di posizione indignate e interrogazioni a livello politico.
Tutta questa mobilitazione non è ancora riuscita a far si che il servizio di trasporto a casa degli ex degenti degli ospedali cittadini venga riorganizzato e riprenda a funzionare come aveva fatto per vent’anni fino all’inizio dello scorso febbraio. Nonostante le denunce del disservizio - ora affidato alla spicciolata unicamente a una dozzina di “Croci” private e non più coordinato dal “118” - non si intravede una soluzione che in un verso rispetti la dignità degli ammalati che vengono dimessi, nell’altro che sottragga agli infermieri l’incombenza di cercare e cercare tra le varie “Croci” un’ambulanza disponibile ad eseguire in tempi ragionevoli il trasferimento dell’infermo.
Ecco un “fiorilegio” di casi abnormi, accaduti nelle ultime settimane a Cattinara e all’Ospedale Maggiore. Per ovvia riservatezza omettiamo i nomi degli ammalati e ogni altro dato che possa favorirne l’identificazione.
«Nei primi giorni di aprile non è stato possibile dimettere una paziente e trasportarla a casa, nell’Isontino, con un’ambulanza privata. Non esisteva un mezzo disponibile in quelle ore». Ma non basta. L’anziana ha occupato un letto d’ospedale per un giorno e mezzo in più del dovuto con tutto ciò che ne consegue sul piano delle spesa e dell’efficienza. Ed ancora. «Nessuna delle ambulanze della “Croci” che agiscono sul mercato triestine, ha dato la propria disponibilità al trasporto dell’anziano che doveva essere dimesso dall’ospedale. Un infermiere aveva contatto “l’Ambulanze Asva”, “Croce blu”, “Ambulanza vitae”, “Ambulanze Humanitas” senza aver alcun riscontro. Dopo più di un’ora di tentativi solo la “Cooperativa sociale Ida” ha accolto la richiesta.
Oltre ai tempi lunghissimi di attesa, le proteste hanno coinvolto anche i costi, “liberi” di oscillare all’insù tra una “Croce“ e l’altra come lo spread nello scorso autunno.
Talvolta agli addetti all’ambulanza non è apparso sufficiente l’impegno assunto dal malato o dai suoi congiunti a pagare il trasporto. Racconta un infermiere. «La paziente era disponibile a pagare il trasporto a casa, ma quando è arrivata l’ambulanza, la signora si è accorta di non avere nel borsellino tutto il denaro contante richiestole. Ha ribadito il proprio impegno ma l’equipaggio ha rifiutato il trasporto».
In questo periodo sono comparsi sul “mercato” dei trasporti di ammalati anche mezzi di fortuna, non adeguatamente attrezzati per trasferire persone convalescenti. Tra i mezzi offerti dal mercato libero anche una specie di furgoncino adibito al trasporto di pazienti distesi. Le difficoltà aumentano nei fine settimana, in quanto la maggior parte della ambulanze non è disponibile e le poche che rimangono in servizio aumentano i prezzi. Un trasporto nell’ambito della città, può costare anche 60 o 70 euro. Un tempo, prima di febbraio, al contrario i prezzi erano fissi, stabiliti dall’Azienda sanitaria e il telefono per attivare il servizio era unico e rispondeva al 5095 del 118.
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