Oggi alle urne, la Croazia a un bivio

ZAGABRIA. Seggi aperti oggi in Croazia per eleggere i 151 membri del Sabor, il parlamento nazionale. Si vota dalle 7 alle 19 e a essere chiamati alle urne sono oltre 3,8 milioni di elettori, che dovranno scegliere tra più di 2.300 aspiranti deputati presentati da 161 liste diverse.
Si tratta delle ottave elezioni legislative dall’indipendenza del paese nel 1991 e per la prima volta - come riporta l’agenzia nazionale Hina - i cittadini potranno usufruire del voto preferenziale, indicando al tempo stesso il partito di maggior gradimento, così come il nome del candidato prescelto.
Nonostante questa pletora di partecipanti, le maggiori forze in campo sono le stesse da vent’anni: da un lato il partito socialdemocratico del primo ministro Zoran Milanovic con l’alleanza “La Croazia cresce”; dall’altro i conservatori della “Coalizione patriottica”, creata dall’Unione democratica croata (Hdz) di Tomislav Karamarko.
Milanovic cerca la rielezione dopo aver governato il paese per un mandato, dal 2011, mentre l’opposizione di destra punta alla quinta vittoria elettorale di fila dopo aver già incassato le elezioni europee del 2013 e 2014 (le prime tenutesi soltanto in Croazia prima del suo ingresso nell’Ue), le amministrative del 2013 e le presidenziali del gennaio 2015.
Nonostante il largo vantaggio iniziale dell’Hdz, il divario tra i due maggiori partiti si è ora assottigliato, tanto che, stando agli ultimi sondaggi, Karamarko potrebbe contare su appena un 2–3% in più del suo avversario.
Entrambe le formazioni politiche, inoltre, potrebbero non ottenere un numero di seggi sufficiente a governare autonomamente, lasciando così spazio a un futuro governo di coalizione. In questo caso, gli otto deputati rappresentanti le diverse minoranze del paese potrebbero fare la differenza, così come le formazioni indipendenti (Orah, Zivi Zid, Avanti Croazia e Most) qualora superassero la soglia di sbarramento.
Ma aldilà delle tattiche post-voto, resta il fatto che la Croazia è spaccata in due e davanti ad un bivio. A sinistra, l’esecutivo di Milanovic «ha fatto nell’ultimo più di quanto non abbia fatto nei primi tre anni di mandato», come sostiene Tomislav Jakic, ex consigliere speciale per la politica estera del presidente Stjepan Mesic.
«Forse questo governo ha fatto troppo poco e troppo tardi, ma lo sapremo soltanto dopo il voto», commenta Jakic. A destra, c’è l’Hdz e il suo costante flirt con la retorica nazionalista degli anni Novanta. «Se arriverà al potere, Karamarko continuerà a tener vive le divisioni interne al paese e che risalgono al 1945 - prosegue l’avvocato e giornalista di formazione - Mentre dal punto di vista della politica estera, credo che malgrado un’evidente affinità con le idee di Viktor Orban, Karamarko non oserebbe andare contro la volontà della Germania, ad esempio costruendo un barriera contro i rifugiati al confine con la Serbia». «La verità è che in entrambi i casi, la Croazia non ha più una sua politica estera: si limita a seguire quello che decide la Nato o l’Ue», conclude Jakic.
Quanto alla politica interna, le sfide sono invece soprattutto economiche e legate «all’espansione incontrollata dei crediti al consumo», nell’analisi dell’economista Neven Vidakovic, professore all’Università Effectus di Zagabria. «Per otto anni sono stati concessi dei crediti inutili e quando si sono interrotti, nel 2008, lo Stato ne ha subito le conseguenze, perché ha ricevuto automaticamente un’imposta sul valore aggiunto inferiore».
Secondo Vidakovic «tutti i programmi (dei partiti politici, ndr») si concentrano sull’economia reale e la politica fiscale, ma sono difficilmente applicabili senza il sostegno delle banche». Ma sulle scelte del settore finanziario, perlopiù in mani estere, le autorità di Zagabria non hanno alcuna influenza.
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