Rubava al paziente, infermiere condannato

Tre anni e 20 giorni. A questa pena è stato condannato Andrea L’Abate, 46 anni, l’infermiere in forza al servizio Dialisi dell’ospedale di Cattinara che, nello scorso agosto, era stato arrestato dai poliziotti del commissariato di San Sabba con le mani nel sacco, subito dopo aver effettuato un prelievo con il bancomat rubato ad un paziente.
A pronunciare la sentenza, al termine del processo celebrato con rito abbreviato, è stato il giudice Laura Barresi, che ha inasprito l’entità della pena richiesta, al termine della sua requisitoria, dal pm Cristina Bacer: 2 anni e 10 mesi. Riconosciuto anche, su richiesta dell’avvocato Stefano Alunni Barbarossa, il danno morale provocato da L’Abate nella misura complessiva di oltre 8mila euro compresi i prelievi effettuati “a sbafo”. Il difensore, l’avvocato Laura Pisani, si è battuta per l’assoluzione. Il giudice Barresi ha infine rigettato la richiesta di revoca degli arresti domiciliari.
Un trucco semplice. L’Abate aveva approfittato dell'indicazione fornita ai pazienti da parte dalla direzione generale di non portare denaro e oggetti di valore nelle stanze dello spogliatoio del servizio dialisi. Un consiglio seguito con attenzione anche dall’uomo di 77 anni, diventato suo malgrado vittima dei prelievi non autorizzati da parte dell’infermiere. Proprio per evitare di subire furti in ospedale, infatti, il paziente lasciava in macchina il portafogli con la tessera bancomat e il codice. Un “nascondiglio” scoperto con estrema facilità dall’infermiere. Secondo la ricostruzione della polizia, L’Abate entrava in azione quando l’anziano iniziava il trattamento. Semplicemente prendeva le chiavi e il telecomando dell’auto. Poi agiva. In pochi minuti usciva dal reparto e andava nel parcheggio, dove facilmente individuava e apriva con il telecomando stesso la vettura del paziente e successivamente prendeva “in prestito” il bancomat e il relativo codice. Subito dopo attraversava la strada ed effettuava un prelievo al bancomat per un importo di 250 euro per volta.
Un piano semplicissimo e poco impegnativo, che richiedeva solo una decina di minuti di impegno. Una sorta di “ricca pausa caffé”, che in effetti non aveva mai insospettito nessuno.
I prelievi illegali sono continuati per sette lunghi mesi, fino a quando l’anziano non si è reso conto dei corposi ammanchi e si è poi rivolto alla polizia. Di lì l’avvio delle indagini da parte degli investigatori di San Sabba che, in breve tempo, avevano scoperto che i prelievi al bancomat avvenivano sempre in concomitanza con le sedute di dialisi. Immediatamente, quindi, era stata informata la direzione di Cattinara ed era stato organizzato un appostamento su indicazione del pm Cristina Bacer. Appostamento che, alla fine, aveva portato i risultati sperati. Nella tasca dell’infermiere c’erano la tessera bancomat, lo scontrino, 250 euro e infine le chiavi della macchina dell’anziano. Inevitabile era scattato l’arresto.
Ma nel corso del processo sono emersi altri particolari. L’infermiere andava “al lavoro” anche se non era in turno. Un dettaglio confermato da alcuni suoi colleghi, che lo avevano trovato nell’ambulatorio durante il giorno libero. Che, guarda caso, coincideva con la giornata di trattamenti per le sue vittime.
Non solo. Nel processo è emerso anche che nel 2015 il dipendente dell'Azienda sanitaria universitaria integrata era infatti stato “pizzicato” dopo aver tentato di “ripulire” il portafoglio di una paziente sempre del servizio dialisi. Per questo era scattata subito una denuncia che - da quanto appreso - era diventata in poco tempo l’elemento essenziale di un procedimento che era subito stato aperto.
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