Ruspe e gru l’area Expo cambia volto
di Alessia Gallione
MILANO
C’è un’immagine che racconta che cosa sta accadendo in quello che per sei mesi è stato il teatro delle feste. I cancelli della cittadella dell’alimentazione si sono appena chiusi, ma la piscina di fronte al padiglione della Repubblica Ceca non esiste già più: una spianata di terra ha preso il posto della vasca piena d’acqua – con tanto di gigantesca scultura metà uccello-metà macchina – dove i bambini facevano il bagno, del bancone dove si sono spillate birre a ripetizione e delle sdraio disseminate sul pavimento di legno diventato uno dei luoghi della movida estiva sul Decumano. Hanno ripreso la strada di casa, come è avvenuto per gli allestimenti interni della mostra finiti nelle scatole e come, a breve, avverrà per l’intero edificio che sarà smontato e rimontato tale e quale a centinaia di chilometri di distanza a Vizovice nella regione di Zlín.
Traslochi, ruspe e gru. La “fase 2” di Expo è iniziata con il trasloco. E ancora prima che dalla prossima settimana (precisamente dal 18) entrino le ruspe e le gru per il vero cantiere di smontaggio dei padiglioni, gli operai hanno preso il posto dei visitatori. In queste ore sono oltre 2.200 e stanno svuotando gli spazi, smontando installazioni e insegne, scritte e arredi; saliranno a quattromila.
È così che quel paesaggio fatto da edifici a forma di semi della foresta tropicale e pannocchie, alveari high tech e montagne capovolte, orti verticali, strutture forgiate come campi di grano e cappelli di contadini scomparirà. E i padiglioni dei Paesi seguiranno destini differenti. Una ventina rispunterà internamente o in parte altrove: il labirinto del Bahrain sarà riutilizzato come giardino botanico, le torri della Svizzera saranno orti urbani in quattro città elvetiche, il Principato di Monaco spedirà tutto in Burkina Faso per creare la sede locale della Croce Rossa, il bosco dell’Austria rimetterà radici sui monti dell’Italia del Nord, l’oasi nel deserto degli Emirati rispunterà a Masdar City, la città a emissioni zero disegnata da Norman Foster.
Pezzi all’asta. Altri saranno fatti a pezzi e riciclati, qualcosa andrà all’asta (il Belgio mette sul mercato l’intero edificio a partire da un milione di euro, il Nepal vuole vendere il proprio templio), altri frammenti ancora saranno donati come simbolo dell’Expo che è stata.
Perché che cosa rimarrà di Expo dopo Expo? Non tutto sarà cancellato. A cominciare dai gioielli dell’Esposizione, le icone stesse dell’evento: Padiglione Zero con il suo racconto della storia del rapporto tra uomo e cibo e l’Albero della Vita. Saranno “congelati” per essere riaccesi dalla prossima primavera. Certo, per riprendere gli spettacoli di suoni, luci e colori dell’installazione ci vorranno risorse e si sta lavorando per riconfermare gli sponsor che li hanno accompagnati per il semestre.
Tenere tutto “vivo”? Costa. Solo per mantenere l’Albero lì, nella Lake arena vicino al Palazzo Italia, proteggendo la struttura e le delicate tecnologie fino ad aprile, servono 360mila euro. Per far ripartire il meccanismo, altri 215mila euro e per organizzare gli show ulteriori 250mila euro al mese.
L’obiettivo è quello. Prima che l’area si trasformi definitivamente nella città della scienza immaginata, infatti, ci vorranno anni. Per non lasciare un deserto, nell’attesa le istituzioni vogliono tentare di far tornare subito a vivere un pezzo di sito. Un progetto di utilizzo temporaneo che partirà dal Cardo, ovvero dallo spazio che ha ospitato il padiglione italiano.
Il piano punta a conservare quello che esiste: l’Albero della Vita, appunto, e Palazzo Italia. In realtà, questo è l’unico edificio progettato sin dall’inizio per durare nel tempo. Quello che adesso si sta studiando è la possibilità di riaprirlo con tanto di mostra, da aprile. Una data che non è casuale.
Arriva la Triennale. A quel punto non solo il cantiere di smantellamento dovrebbe essere praticamente finito, ma partirà un’altra iniziativa in grado di (ri)portare visitatori: la Triennale internazionale dedicata al design che si svolgerà da aprile, appunto, a settembre 2016. È un altro evento legato al Bie (il Bureau internazionale di Parigi che assegna le Expo) che farà di nuovo salire Milano sul palcoscenico internazionale.
La manifestazione sarà diffusa in tutta la città, ma è stato prenotato anche un pezzo di Expo. In particolare, sono due gli spazi che verranno allestiti con mostre sull’architettura e il design: quello che è stato il supermercato del futuro e l’auditorium. Sono vicini al Cardo e a un altro luogo che resterà come eredità: il teatro all’aperto dove si è svolta la cerimonia di addio dell’Esposizione al mondo non verrà smontato e il Comune pensa di farne un’arena per concerti e musica dal vivo a partire dalla prossima estate.
Ciò che resterà per sempre. Questa sarà un lascito permanente. Come il canale che circonda il milione di metri quadrati e lo fa sembrare un’isola, come le passerelle che collegano l’area con la Fiera e il quartiere di Cascina Merlata. Come Cascina Triulza, la casa delle associazioni della società civile che continuerà (si parte con i primi incontri alla fine del mese) a ospitare iniziative e realtà legate al sociale per diventare una sorta di hub del Terzo settore.
@AGallione
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