Sfruttamento della prostituzione: chiuso un altro centro massaggi cinese a Trieste

Dopo il caso di via Flavia i carabinieri hanno posto i sigilli all’immobile in via San Francesco e denunciato la titolare: sfruttava una connazionale

Maria Elena Pattaro
Il centro massaggi sequestrato in via San Francesco (Silvano)
Il centro massaggi sequestrato in via San Francesco (Silvano)

Costringeva una concittadina cinese a prostituirsi all’interno del centro massaggi. I Carabinieri hanno smascherato un’altra attività a luci rosse: il “Centro massaggio cinese Lisa” di via San Francesco 51. Il locale è stato sequestrato e la titolare, una 57enne cinese, denunciata a piede libero per sfruttamento della prostituzione.

È il secondo caso in poco più di un mese: a metà luglio era toccato a un centro massaggi di via Flavia, dove i carabinieri avevano raccolto «prove schiaccianti» dell’attività illecita praticata all’interno. Anche in quel caso erano scattati il sequestro dell’immobile e la denuncia penale della maîtresse 47enne.

Sfruttamento della prostituzione: sequestrato un centro massaggi a Trieste
Il centro massaggi

 

 

 

La donna, al fine di sviare eventuali indagini, aveva dato disposizione alla lavoratrice di nascondere i soldi incassati sotto a un tappeto per poterli poi prelevare in un momento differente ed evitare di essere sorprese insieme all’interno del locale. Precauzioni che però non erano bastate.

Sulla scorta delle informazioni ottenute dopo il blitz in via Flavia, la Sezione operativa del compagnia di via Hermet ha esteso le indagini, dirette dal pm Federico Frezza. Fino a scovare, anche grazie ad attività tecnica, un secondo centro massaggi che operava con le stesse modalità. Quello, appunto, di via San Francesco, poi costretto ad abbassare la serranda.

Prostituzione: il sequestro del centro massaggi cinese a Trieste

La pubblicità in vetrina mostra in primo piano una coppia che si gode un massaggio rilassante. In realtà la clientela era tutta maschile, alla ricerca di quello che in gergo (e pure nelle chat dedicate) viene definito “happy ending”. Fra quelle quattro mura, secondo l’ipotesi accusatoria, la maîtresse obbligava una giovane connazionale a praticare sesso a pagamento. Durante la perquisizione all’interno del negozio e nella casa dell’indagata i militari hanno trovato materiale che documenta il meretricio e 5. 830 euro in contanti, ritenuti provento del reato.

Soldi, documentazione e tutti gli altri elementi probatori rinvenuti sono stati sequestrati, come pure il centro massaggi. Un provvedimento poi convalidato dal gip. «Locale sottoposto a sequestro preventivo», recita il cartello affisso alla vetrina rosa acceso del Centro massaggio Lisa. Al civico 51 la serranda rimane abbassata, in attesa di ulteriori sviluppi investigativi e pronunciamenti dell’autorità giudiziaria. Alla vittima, nel frattempo, è stata data la possibilità di rivolgersi a un centro anti-tratta per uscire dal tunnel dello sfruttamento e voltare pagina.

La ragazza, a differenza della vittima di via Flavia, non veniva chiusa dentro al negozio di notte, ma godeva di un certo margine di libertà. Questo, tuttavia, non significa che lo sfruttamento effettivo sia più blando. La gestione dei centri massaggi spesso cela gravi abusi, come turni pesantissimi imposti alle operatrici, costrette a lavorare anche 14 ore di fila senza uscire nemmeno per i pasti. Il tutto a fronte di compensi irrisori – sostiene la Procura in una nota – che quasi mai superano il 20% dell’incasso.

«Si tratta di uno sfruttamento intollerabile in una società civile, caratterizzato da vittime silenziose e pressoché invisibili – sottolineano gli inquirenti –. Ovvero soggetti fragili, in quanto del tutto incapaci di far valere i propri diritti fondamentali, innanzitutto per scarsa conoscenza della lingua, poi per paura della sfruttatrice e anche delle istituzioni, infine per timore di ritorsioni verso i parenti».

Da qui la necessità di avviare indagini di iniziativa «cosa che la Procura della Repubblica sta facendo da anni – si legge nella nota – sia di iniziativa, sia appoggiando con impegno le iniziative dei Carabinieri». «Solo così – concludono gli inquirenti – si possono far emergere i delitti di sfruttamento continuativo e professionale della prostituzione altrui, e si può dare alle donne sfruttate una possibilità di emergere dalla clandestinità e dal tunnel dello sfruttamento». 

 

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