Studenti in piazza Unità la polizia tenta lo sgombero

di Corrado Barbacini
I poliziotti li prendono di forza per braccia e gambe e poi li portano dall’altra parte della piazza Unità. Così ieri mattina è iniziato lo sgombero dell’accampamento degli indignati. Ma dopo pochi minuti il blitz fallisce.
Chi è lì urla «Vergogna vergogna». In breve gli studenti si rialzano e tornano dove erano stati presi. Dalla piazza urlano ancora «Ci sgomberate, non ci fermate». La gente spaventata dice «basta, basta» alla polizia. E gli agenti si fermano.
È successo ieri attorno alle 10. Doveva essere, secondo la Digos, uno sgombero “soft” per liberare in vista delle cerimonie del 4 novembre. Alla fine, visto il clima, la polizia e i carabinieri hanno abbozzato per evitare incidenti: gli uomini in divisa si sono ritirati in buon ordine. «Sgombero sospeso», come dirà poi il sindaco Roberto Cosolini mentre dall’altoparlante dell’accampamento alcuni genitori dei giovani (anche loro presenti) urlavano: «I poliziotti non devono toccare questi ragazzi, sono nostri figli. Sono qui per rivendicare il loro futuro». Finchè dopo qualche minuto è arrivato il sindaco che ha preso il microfono.
In piedi ha parlato occupando lo spazio tra le tende: «Oggi non ci sarà nessuno sgombero». Ma poi corregge il tiro: «Ritengo che le forme di protesta si possono anche evolvere. Non credo che l’obiettivo sia quello di rimanere qui a tempo indeterminato. Penso piuttosto che l’obiettivo sia di portare dei risultati».
Ieri sera sembrava che i ragazzi stessero per abbandonare la piazza per puntare su altre forme di protesta ma verso le 21 vi sono tornati per un’altra assemblea.
Al mattino Cosolini ha toccato i temi cardine della protesta. Riguardo l’edilizia scolastica ha proposto di avviare fin da oggi «una serie di incontri con i rappresentanti della Provincia e degli studenti per trovare una soluzione». Il secondo argomento è stato quello delle bollette dell’Acegas per l’acqua e il gas. Ostacoli effettivamente insormontabili per chi è in difficoltà economiche. E alla fine promette ai giovani anche di trovare gli spazi di aggregazione.
Ma non le manda a dire «a chi vuole essere sgomberato a tutti i costi» e cioè allude a Luca Tornatore, uno dei leader dell’occupazione della piazza «che ha vent’anni più di voi». Cosolini rivela: «Sono io che ho chiesto alla questura di fermare lo sgombero». Ma poi precisa: «Ma vi dico che la piazza è un luogo di tutti. Piaccia o non piaccia sono previste manifestazioni civili come lo è la vostra. Questo è uno spazio di tutti i cittadini».
Applaudono da fuori, ma all’interno dell’accampamento degli indignati le parole di Cosolini non piacciono. Stanno zitti e mugugnano i cento e forse più indignati. Tornatore, che è un ricercatore di Fisica, precario all’Università, afferra il microfono e replica con durezza alle accuse del sindaco: «Siamo qui per prendere quello di cui abbiamo diritto. Noi non ce ne andremo. Noi non vogliamo essere precari. Non vogliamo essere senza futuro. Devono smetterla di fare profitti sulla nostra vita». E ripete ancora alzando il tono della voce: «Non ce ne andremo».
Fin qui la cronaca del mancato sgombero di piazza Unità interrotto dalle urla della gente presente con lo slogan «Vergogna vergogna» mentre i manifestanti venivano sollevati di peso dai poliziotti e dai carabinieri. Ma è chiaro che sia l’ordine che il contrordine non sono stati casuali. L’ipotesi che ieri circolava con insistenza è in pratica quella di una prova generale da parte della polizia e dei carabinieri.
Un’azione «soft» messa in atto probabilmente prima di agire con più determinazione. Annuncia un manifestante: «Non ci fermiamo. Non finisce così. Raccogliamo l’appello dell’11 novembre lanciato da Occupy Wall Street e andremo anche qui a Trieste a toccare i nuclei simbolo della crisi e cioè la Banca d’Italia e l’Acegas in quanto gestore dei beni comuni fondamentali come l’acqua e l’energia. Diremo che le persone vengono prima dei profitti. Lo promettiamo».
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