Tornate in Soprintendenza le mappe catastali di Trieste del 1822

In consegna alla Stadion dopo il blocco dell’asta, i carabinieri le hanno riportate in via La Marmora. Aperta un’inchiesta penale
Lasorte Trieste 28/11/13 - Via Lamarmora, Archivio di Stato, Mappe Catasto Franceschino, ritaglio
Lasorte Trieste 28/11/13 - Via Lamarmora, Archivio di Stato, Mappe Catasto Franceschino, ritaglio

Le 89 mappe catastali datate 1822, le prime della storia della città volute da Francesco I d’Asburgo e che hanno rischiato di finire all’asta lo scorso settembre sono tornate a casa, alla Soprintendenza archivistica di via La Marmora, per mano dei Carabinieri del nucleo tutela del patrimonio culturale di Venezia. Dopo l’esposto inoltrato proprio dalla Soprintendenza, che per le vie amichevoli non era riuscita a farsi consegnare i documenti, i carabinieri si sono presentati alla casa d’aste Stadion che aveva accettato di tenerle in consegna dopo aver subito annullato la vendita, e le hanno sequestrate. Sul caso è stato aperto un procedimento penale.

Il proprietario che vive all’estero, e che trovandosi ultimo erede di una casa zeppa di cose preziose (tra cui questo cartolario legato da nastrini blu) aveva deciso di mandarle vendute per lotti tutte quante all’asta, ha dimostrato quanto meno troppa titubanza nel consegnare i documenti catastali allo Stato che da decenni ne segnava la mancanza senza saper dove cercarli, e che li ha riconosciuti quando l’asta è stata pubblicizzata. In Soprintendenza c’erano e ci sono le mappe “consorelle”, identiche. Non solo: esistono gli ottocenteschi libri di rubrica che hanno continuato a segnalare estensione e proprietario di ogni singolo edificio della città, segnato sulle mappe con un numero, il numero catastale appunto. Adesso che il tesoro è inaspettatamente rincasato, i due pezzi speculari sono tornati a essere un insieme. E il patrimonio di mappe colorate ad acquerello, già estremamente ricco (oltre che adesso digitalizzato e consultabile su Internet, tra i pochissimi in Italia) acquista, essendo completo, un valore ancora più inestimabile.

Ieri il direttore della Soprintendenza archivistica Pierpaolo Dorsi e la direttrice dell’Archivio di Stato Claudia Salmini assieme ai loro esperti hanno presentato le mappe ritrovate e la loro ultima accidentata storia, contornata dal mistero che avvolge i decenni precedenti: chi e quando ha portato quei documenti “di Stato” fuori dall’ufficio (ma non dall’Archivio dove non erano mai arrivati)? Ci sono stati passaggi di mano? Come mai carte demaniali non sono state preservate, posto che appropriarsene è reato? E venderle è ricettazione? Non è escluso che l’azione penale ora intentata (che non sarebbe stata accesa se la Soprintendenza avesse riavuto subito i materiali) voglia approfondire tali questioni, pur dichiarandosi il venditore del tutto all’oscuro. Tra i primi proprietari accertati, il nonno Bruno Forti, noto avvocato, in gioventù nel gruppo di Scipio Slataper e delle sue “tre amiche”.

«Non valgono solo per la loro bellezza, e non sono ornamentali, queste mappe dipinte a mano - ha avvertito Dorsi - ma sono fondamentali per una cospicua serie di ricerche, i beni demaniali poi godono di un diritto che non decade mai. Non esiste “usucapione”, se qualcuno li ha avuti con sè per lungo tempo». Il fondo catastale “franceschino” è stato salutato ieri anche da dirigenti dell’Agenzia del territorio, quelli che, proprio col catasto, hanno sempre determinato le nostre tasse sulla casa. Anche prima dell’Ici, Imu ed eredi, e anche sotto l’Austria.

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