Trieste, morì trafitta dal guard rail: in 8 rischiano il processo

TRIESTE Cristina Angeli aveva appena vent’anni quando, il 21 febbraio 2011, alla guida della sua Y10, si schiantò a Trebiciano proprio all’imbocco della rampa d’accesso della Grande viabilità. Per il pm Massimo De Bortoli all’origine di quel tragico incidente ci sono precise responsabilità da parte di otto tra funzionari dell’Anas e della Provincia. Che sono accusati a vario titolo di omicidio colposo per non aver effettuato i necessari lavori di messa in sicurezza del tratto stradale di Trebiciano.
Si tratta di Gianni Baldan, 55 anni, dipendente dell’Anas, sorvegliante di quel tratto di strada. E dei tecnici, sempre dell’Anas, Giampaolo Piacentini, 52 anni, capo nucleo, Mauro Ricci, 54 anni, capo centro, e Cesare Salice, 66 anni, capo compartimento. Sotto accusa anche William Starc, 65 anni, dirigente dell’area Servizi tecnici della Provincia, Rita Benini, 58 anni, segretario generale sempre della Provincia. E poi ancora Paolo Stolfo, 50 anni, altro dirigente dell’area Servizi tecnici della Provincia, e Paolo Liuzzi, 52 anni, responsabile dell’unità operativa. Per tutti è stato chiesto il rinvio a giudizio davanti al gip Laura Barresi. Sono difesi dagli avvocati Giorgio Borean, Michele Godina, Mariapia Maier, Massimiliano Bellavista e Luciano Sampietro.
L’incidente del 21 febbraio di quattro anni fa si era verificato poco dopo la mezzanotte. La Y10 condotta dalla ragazza, nell’imboccare una leggera curva verso destra, aveva sbandato. Cristina non era riuscita a correggere la traiettoria. L’auto aveva puntato dritta verso la lama d’acciaio del guard rail. Era stato un urto devastante. Come fosse una spada, il guard rail si era infilato nel cofano e poi aveva trapassato da parte a parte la vetturetta arrivando fino al bagagliaio.
Quella notte Cristina stava tornando a casa, in via D’Alviano 80. Aveva detto ai genitori che avrebbe fatto tardi. Tre ore prima aveva finito il suo turno di lavoro al bar Vatta di Opicina. Poi, alle 21, era uscita con alcuni amici. E, a mezzanotte, il viaggio della morte.
L'indagine del pm De Bortoli era stata aperta quasi contemporaneamente alle dichiarazioni del padre della giovane dipendente del bar Vatta di Opicina. Stefano Angeli, dopo essere andato sul luogo dell’incidente, aveva ipotizzato infatti che una delle cause della tragica morte della figlia potesse essere riconducibile anche al guard rail installato sul ciglio della strada che dalla 202 porta alla Grande viabilità: come un’enorme lama che aveva trapassato la Y10 uccidendo la ragazza che ne era alla guida.
Dopo l’autopsia effettuata dal medico legale Fulvio Costantinides sono state disposte dal pm De Bortoli anche le consulenze del perito incaricato, l’ingegner Marco Pozzati di Mestre. Quindi sono stati effettuati altri accertamenti tecnici che hanno, sempre secondo il pm, confermato l’ipotesi del padre della giovane la cui morte è stata causata da imperizia,negligenza e imprudenza da parte di chi avrebbe dovuto effettuare i lavori di manutenzione e di messa in sicurezza del tratto stradale. E non lo ha fatto. Ora la giustizia, con il magistrato inquirente, ne chiede conto.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo