Ultimatum Ue a Budapest per la deriva autoritaria

di Stefano Giantin
BELGRADO
Il “redde rationem” s’avvicina. L’Ungheria di Viktor Orban e le sue leggi “autocratiche”, da tempo nel mirino dell’Unione europea perché potenzialmente incompatibili con gli standard europei, potrebbero portare Bruxelles a sanzionare severamente Budapest. Ieri l’ultimatum del presidente della commissione europea José Manuel Barroso.
Da Copenhagen Barroso ha concesso a Orban cinque giorni per cambiare rotta e per riportare il Paese e l’esecutivo, che è stato definito ieri dalla misurata Bbc «il paria d’Europa», su binari più moderati. Sotto la lente sono finite in particolare una nuova legge che mina l’indipendenza della Banca centrale ungherese, le disposizioni che impongono ai giudici e ai procuratori la pensione anticipata a 62 anni invece che a 70 e le mire governative sull’autonomia dell’Autorità nazionale in materia di dati personali. Leggi che «stanno mettendo in pericolo la democrazia e il rispetto dei diritti umani» ha messo in guardia il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Thomas Hammarberg, mentre il presidente della Bce Mario Draghi ha definito sempre ieri le pressioni dell’esecutivo sulla Banca centrale di Budapest «inconsistenti con lo spirito dell’Ue». Il collegio dei commissari «prenderà una decisione il 17 gennaio», ha informato Barroso, decidendo se aprire o meno tre procedure d’infrazione sui casi. E su Budapest pende anche un’altra spada di Damocle: se non dovesse correggere il deficit fuori controllo, l’Ue potrebbe sospendere l’erogazione dei fondi strutturali dal 2013, pari a circa l’1,7% del Pil magiaro e fondamentali per un Paese che si sta avvitando in una crisi economica sempre più severa. «Posso immaginare che siano decise soluzioni temporanee, a esempio per tagliare il deficit. Che in questo caso il governo introduca tasse speciali e faccia modifiche molto rapide al budget di quest’anno, per dimostrare di essere pronto a scendere a compromessi». Misure d’emergenza per evitare la sospensione dei fondi, «lo scenario peggiore per il governo», spiega Istvan Hegedus, sociologo, analista e direttore del think-tank “Hungarian Europe Society”. Se invece l’Ue mirasse più in alto, a forzare per una revisione complessiva della più che controversa nuova Costituzione magiara, «sarebbe molto difficile per Orban accettare, perché è una questione di prestigio, molto importante per Fidesz», il suo partito. Hegedus dubita anche che in breve tempo si possa cambiare «il sistema giudiziario, per esempio, tornando alle regole precedenti sull’età pensionabile dei giudici. A parte gli ostacoli tecnici, sarebbe una sconfitta enorme» per il premier. «Posso perfino immaginare che Orban mediti di cambiare la legge sulla Banca nazionale», aggiunge l’analista ungherese ma una retromarcia totale accettando tutte le richieste dell’Ue è esclusa. E lascia aperte varie ipotesi, inclusa quella di sanzioni sullo stile di quelle decise verso l’Austria di Haider. Da applicare in un futuro non troppo remoto.
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