A cambiare l’Europa furono due spari in un giorno di sole

Da un’idea di Paolo Rumiz che si basa sul libro di Gilberto Forti “A Sarajevo il 28 giugno” va in scena sabato e domenica al Museo della guerra, in via Cumano 22 a Trieste alle 20.30, la messa in scena con regia di Franco Però. Pubblichiamo una presentazione in versi dedicata agli spettatori.
di PAOLO RUMIZ
Giorno 28 del 6 del 14 / due spari lungo il fiume a Sarajevo / cambiano il mondo, ma allora nessuno / riesce a prevedere o concepire / che quello è il funerale dell'Europa / e uomini a milioni seguiranno / soltanto un mese dopo, a fine luglio ( (cechi, polacchi, ungari o italiani / venuti da Trieste o dal Trentino), / il feretro del Duca e di sua moglie, /per morire su fronti sconosciuti ( oltre i nevosi Carpazi, in Ucraina / o nelle buie foreste di Serbia.
La storia, va capito, è narrazione, / non è soltanto freddo documento / e qui, cent'anni dopo, voi avrete / la fortuna di udire a viva voce / alcuni testimoni che han viaggiato / dai luoghi più remoti dell'impero / per dirci ciò che accadde veramente / quel giorno di disgrazia a Sarajevo.
Qui alla mia destra potrete ascoltare / il tenebroso destino del Duca, / segnato ormai è chiaro da decenni, / riassunto in sei preziosi documenti / forniti per gentile concessione / dall'archivista Hugo Kaspar Dunkelblatt.
In mezzo a quelle macchine di guerra, / oltre il cannone, avrete invece avete l'ombra / di Polyxena Singer nata Stolzenberg / che un giorno a un grande ballo a Bratislava / si illuse che Franz Ferdinand potesse / prenderla in moglie e farla imperatrice.
Nell'ultima sala in fondo al corridoio / una signora giunta da Lubiana / vi narrerà il tempestoso tragitto / del feretro del Duca assassinato / da Sarajevo a Vienna, via Trieste, / e poi con ferrovia nel temporale / fino a un tetro castello sul Danubio.
Al piano superiore, raggiungibile / con una scala subito all'ingresso, / l'attentato, nei minimi dettagli, / sarà con acutezza analizzato / dal signor Ferenc Szigeti, ingegnere, / che ha viaggiato fin qui dall'Ungheria.
E ancora qui a sinistra, se vorrete / avere la bontà di andargli dietro, / il qui presente Koppenstätter Josef / attendente del nostro erede al trono / vi dirà per finire la ragione, / sottile come un filo e come un ago, / che spinse il mondo intero nella guerra.
Cinque racconti ancora sentirete / il giorno successivo, di domenica: / per cominciare potrete rivivere / i funebri rintocchi di quel giorno / nella memoria di un prete polacco, / Adam Kowalski, che fu lì presente.
E poi il doktor Frankenfeld-Castelli / vi spiegherà, se prestate attenzione, / come l'annuncio del vile attentato / percosse Vienna in un giorno di sole /facendola piombare nel silenzio.
E ancora, la storia di un nero presagio ( che tolse luce al cielo di Boemia: / l'invasione dei corvi nel castello /dell'arciduca il giugno del '14 / narrata da Anton Czubel, guardiacaccia.
Chi ama la natura potrà ancora / sentire da Cornelius Bach, botanico, / di quella gran fioritura di rose / che esplose nel giardino di sua altezza / alla vigilia del viaggio fatale.
C'è infine il dottor Vasic che raccolse / le ossa disgraziate del ragazzo / che uccise l'arciduca, dissepolte / da una sinistra prigione in Boemia.
Ora vi prego prestate attenzione: / i cinque testimoni di stasera / e quelli di domani, in modo simile, / ripeteranno la storia tre volte / parlando in cinque spazi separati. / Al termine, ogni volta, un intermezzo / musicale darà a tutti voi / il tempo di spostarvi a passo lieve / e di ascoltare senza confusione / lo scoppio della guerra da altre voci. / Son tutti personaggi immaginari / ma se prestate attenzione vedrete / che fanno, messi insieme, storia vera.
E ora, miei stimati spettatori, / mi raccomando, con ordine asburgico / scegliete da che parte cominciare / e poi prendete posto tra i cannoni / o nelle stanze segrete lì in fondo / per sentire il racconto che vi piace. / Ma prima che la musica cominci / ancora un'istruzione devo darvi / perché questi racconti paralleli / non vadano tra loro in collisione: / non applaudite, vi prego, alla fine / di ogni singola storia, ma soltanto / quando saremo tutti ritornati / su questo palcoscenico a sentire / l'ultimo valzer del mondo di ieri.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo








