Addio Sergio Fantoni maestro della prosa grande voce del ’900

L’attore è morto a 89 anni a Roma Una vita fra teatro, cinema, doppiaggio 

il personaggio

Roberto Canziani

Sulla soglia dei 90 anni è scomparso l’altro ieri notte, a Roma, Sergio Fantoni, uno fra i più noti attori di televisione, cinema, ma soprattutto teatro. Li avrebbe compiuti tra qualche mese, essendo nato il 7 agosto 1930, data che ha fatto di lui uno degli interpreti che meglio rappresentano il periodo più fortunato e più vitale degli spettacoli di “prosa”. Uno stile e un tipo di interpretazione che incoraggiò e convinse infine gli italiani, dagli anni Sessanta in poi, a riversarsi nelle sale e far crescere, per quantità di pubblico e per qualità degli spettacoli, l’abitudine al teatro.

Alternati agli sceneggiati televisivi della stagione d’oro, da “Giuseppe Verdi” ( 1963) a “Anna Karenina” (1974) e al cinema hollywoodiano (assieme a Frank Sinatra in “Il colonnello von Ryan”, 1965), la personalità di Fantoni e il timbro autorevole della sua voce, si sono affermati soprattutto in palcoscenico, dove registi come Visconti (“Uno sguardo dal ponte”, “La monaca di Monza”), Strehler (“Trilogia della villeggiatura”, “Minna von Barnhelm”) e in particolare Ronconi (a partire da “I lunatici”) hanno saputo valorizzare le doti di un attore autenticamente novecentesco.

Alle quali Fantoni aggiungeva un’indole avventurosa, che lo ha portato a essere ricordato, ad esempio, per il “primo nudo frontale integrale maschile della televisione italiana (in “Delitto di stato”, 1982). O a lavorare con un regista eccentrico e visionario come Peter Greenaway (“Il ventre dell’architetto”, 1987) e con la nascente stagione della regia femminile, quando si era affidato a Cristina Pezzoli.

Intensa anche l’attività di doppiatore, per la quale aveva dato voce a autentiche leggende cinematografiche: Marlon Brando (per “Apocalypse Now”), Rock Hudson (“Il gigante”), Ben Kinsley (“Gandhi”) e ancora Gregory Peck, Richard Burton, Max von Sydow.

Le qualità dell’attore venivano valorizzate dal suo impegno come propulsore delle trasformazioni che il sistema teatro italiano viveva in quegli anni.

Insieme a colleghi con cui si sentiva in sintonia (prima fra tutti Valentina Fortunato, che diventerà sua moglie) aveva dato vita, con Sbragia, Vannucchi, Garrani, alla prima cooperativa teatrale italiana: Gli Associati. Loro merito fu anche far conoscere un giovane attore che voleva diventare regista, Luca Ronconi. A lui affidarono l’allestimento di un capolavoro “impossibile” della drammaturgia inglese del tempo di Elisabetta I (“The Changeling” di Middleton e Rowley). Alla fine degli anni Novanta, un intervento alla laringe aveva irrimediabilmente demolito il timbro di quella voce. Eppure Fantoni non si era perso d’animo. Dopo un memorabile “Ultimo nastro di Krapp”, aveva optato per la regia e investito tutto nell’impresa teatrale da lui fondata, La contemporanea ‘83, compagnia che si è distinta per la ricerca di nuovi autori e nuovi titoli. —

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