Barbero: «Ogni civiltà nasce da tanti popoli»

inviato a GORIZIA. Lo sviluppo di ogni civiltà nasce dal concorso di tutte le popolazioni e di tutte le componenti che si sono mischiate nei territori da queste occupate in seguito a guerre e migrazioni. Concetto, questo, che ritorna spesso nei vari interventi del festival èStoria di Gorizia, tutto dedicato alle Migrazioni, viste, osservate e sviscerate da più parti e sotto i diversi punti di vista. E non è difficile rintracciare nel passato sistemi e modelli sociali paragonabili a quelli attuali. Sotto il profilo del diritto, ad esempio, ciò che accadde nel Medioevo a cavallo della caduta dell’Impero Romano, può per certi versi essere rapportato alla realtà contemporanea: all’ombra del diritto romano, «un immenso organismo sociologico unico al mondo», a livello locale e periferico coestistevano regole e sistemi legislativi dei diversi popoli sottomessi, mentre oggi molti corti circuiti dovuti alla difficoltà di adattamento degli immigrati derivano dall’impossibilità di far convivere usi e regole delle terre d’origine con le leggi del Paese ospitante. Ne hanno parlato ieri Alessandro Barbero e Paolo Cammarosano nell’incontro sui “Popoli in movimento e medioevo” coordinato da Matteo Sacchi. Incontro che da preambolo alla consegna del Premio èStoria allo stesso Alessandro Barbero, che ha conversato con Andrea Zannini su necessità e metodi delle divulgazione storica. Riconoscimento quasi scontato per un autore che tra saggi e romanzi è tra i migliori narratori di argomenti storici che ci siano in Italia, capace di coniugare rigore scientifico con una verve affabulatoria mai scontata. «Mi accorgo che le parole mi vengono fuori concatenate, in fretta, con i numeri non mi succede così», ha scherzato Barbero nel corso dell’affollatissima cerimonia di consegna del premio.
E a proposito di narrazioni, quest’anno l’organizzazione del festival guidata da Adriano Ossola ha deciso di dare maggiore spazio alla letteratura. Molti i romanzi e i racconti presentati in questi giorni, da “Primavera di sangue” di Giuseppe Vergara(Conti Editore Morgex) a “I signori della notte, partigiani della Osoppo. Storie di Resistenza tra sentieri e casere” di Fabio Marson (Biblioteca dell’Immagine), a “La Buffa” di Giulio Camber Barni (ne hanno parlato Fulvio Senardi, Lorenzo Tommasini e Walter Chiereghin), fino al fluviale romanzo “Bora scura. La saga del confine d’Oriente” (Robin) di Leandro Lucchetti, “Non legare il cuore” (Solferino) di Farian Sabahi, “Solo gli alberi hanno radici” (La Nave di Teseo) di Juan Octavio Prenz e - se ne parla proprio oggi - “I Medici” (Newton Compton) di Matteo Strukul e “Jugoslavia terra mia”(Forum Edizioni) di Goran Vojnovic.
E se sul tema delle immigrazioni non è mancato un focus su Trieste (“La migrazione degli albanesi verso Trieste e l’Istria negli ultimi sei secoli, con Paolo Muner e Anila Tozaj), oggi tra gli appuntamenti dell’ultimo giorno di festival Gianfranco Schiavone parlerà del trattato di Dublino che norma la politica europea di accoglienza e gestione dell’immigrazione all’interno dell’Unione, ancora considerato inadeguato (Tenda Giovani, Giardini Pubblici, ore 9); Alfredo Mantica e Catherine Wihtol De Wenden tratteranno dell’Africa, continente del futuro che però non riesce ancora a determinare le proprie scelte, prigioniero di mille contraddizioni e influenze (Sala del caminetto, Unione Ginnastica Goriziana, alle 10).
Di scuola, educazione e integrazione, e su quali sono le sfide e le opportunità poste al mondo della scuola dalla presenza di minori stranieri, parleranno Anna Condolf e Julian Nida-Rumelin (Tenda Erodoto, Giardini Pubblici, ore 10.30).
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