Carlo Michelstaedter e il volo interrotto di Platone

“L’aerostato della filosofia” del pensatore goriziano pubblicato in un volumetto da Castelvecchi

La filosofia, per Carlo Michelstaedter, non era materia astratta. Perché il giovane goriziano, morto suicida nel 1910 a 23 anni, vedeva riflesso nel divenire del pensiero la storia dell’umanità. Una storia che valeva la pena far conoscere a tutti, come fosse un racconto iniziatico.

Nella sua splendida tesi di laurea, “La persuasione e la rettorica”, Michelstaedter decise di dedicare un frammento piuttosto lungo, alla filosofia greca. O, meglio, alla trasformazione che il pensiero di Socrate aveva subito attraverso l’imponente rielaborazione di Platone e la rigorosa canonizzazione di Aristotele.

Quel racconto, intitolato “Un esempio storico”, e separato dal resto della tesi, diventa adesso un volumetto. Con il titolo “L’aerostato della filosofia”, curato da Nicola Zippel, esce per Castelvecchi nella collana Etcetera (pagg. 93, euro 10).

Michelstaedter immaginava che Socrate, nel suo amore per la libertà, «si sdegnava d’essere soggetto alle leggi della gravità. E pensava che il bene stesse nell’indipendenza dalla gravità. Poiché è questa - pensava - che ci impedisse dal sollevarsi fino al sole».

Tormentato da questi pensieri, Socrate non si diede pace fino a quando «non ebbe eliminato da sé ogni peso». Ma neanche questo passo lo rese libero. Al contrario Platone, assistendo alla fine irrisolta del maestro, rimase turbato. E si mise a pensare un meccanismo che gli consentisse di sollevarsi fino al sole «senza perdere il peso - scrive Michelstaedter -, il corpo, la vita».

In pratica inventò un «macrocosmo». La parte principale della macchina «era un grande globo d’acciaio, che con le sue cure più affettuose per l’alto Platone aveva riempito d’Assoluto».

L’aerostato di Platone (o “areostato” come scrive Michelstadter) si librò in volo mentre Platone urlava ai suoi discepoli »Mirate l’anima nostra!». Ma il senso pauroso del vuoto, e il richiamo fortissimo del suolo, avevano spinto alcuni discepoli a chiedere di fare ritorno sulla terra.

Uno, in particolare, propose al maestro di «prendere un po’ dell’aria che è qui attorno e metterla nella leggerezza». Ovvero, di aprire la valvola dell’aerostato e abbandonare così l’altezza vertiginosa. Era Aristotele.

Con questa storia, Michelstadter voleva dire che, da allora, chiunque fa filosofia si muove sulle tracce dell’aerostato. Ben sapendo che quando si ascoltano i maestri migliori, senza credere nei concetti che professano, si genera «il dissolversi del mondo delle idee nella infinita trama delle forme».

Così la logica dell’intelletto parla della realtà, la addomestica in categorie e significati. Ma non la vive più

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