Cent’anni fa i versi senza tempo di Ungaretti

Mentre l’Albero Isolato è in tour della pace, a metà ottobre, a San Martino del Carso, arriva il gelso donato dalla comunità di Szeged
Di Stefano Bizzi

SAGRADO. La fotografia ritrae un Giuseppe Ungaretti ormai anziano che sorride a un bambino tenuto in braccio da una signora non più giovane. Davanti al trio, su una lapide è riportata la poesia “San Martino del Carso”. L’immagine originale è custodita come una reliquia in una cassetta di sicurezza dagli eredi della donna, ma la copia non impedisce di leggere quei versi di un secolo fa. Era il 27 agosto 1916 quando dal Valloncello dell’Albero Isolato il poeta-soldato scrisse: «Di queste case/ non è rimasto/ che qualche/ brandello di muro./ Di tanti/ che mi corrispondevano/ non è rimasto/ neppure tanto./ Ma nel cuore/ nessuna croce manca./ È il mio cuore/ il paese più straziato».

Guardando oggi le immagini che arrivano dalle aree terremotate del centro Italia, non è difficile immaginare quali fossero le condizioni in cui versava San Martino del Carso, ma in quell’occasione a radere al suolo gli edifici fu l’uomo, non la natura. Con le case, la furia della guerra spazzò via anche la vegetazione. Il Carso venne ridotto a una pietraia brulla. Contro ogni logica il tronco di un pruno resistette alle bombe e divenne prima un punto di riferimento per le artiglierie, poi un simbolo di pace.

Quando Ungaretti scrisse “San Martino del Carso”, l’Albero Isolato in realtà non si trovava più al suo posto già da quasi due mesi. Il 12 giugno 1916 l'arciduca Giuseppe aveva concesso agli uomini del 46° Reggimento il permesso di tagliarlo, così alle 9 del 4 luglio venne abbattuto dai soldati ungheresi e portato nelle retrovie. La settimana successiva arrivò a Szeged dove venne accolto e decorato con nastri tricolore. "L'albero di Doberdò" (così è noto in Ungheria) rimase al centro del “Mòra Fenec Muzeum” fino al 1945 quando, con il nuovo regime, finì murato in soffitta per poi essere “riesumato” a metà degli anno Ottanta.

Grazie alla collaborazione tra il Gruppo speleologico carsico di San Martino, l'Associazione “Meritum” e lo stesso museo “Mòra Fenec”, nel 2013 l’Albero Isolato venne riportato nella frazione sagradina ed esposto temporaneamente nella sede del Circolo Visintin. Da lì è poi partito per una sorta di “tour della pace” che non si è ancora concluso. In attesa che a primavera venga esposto al Quirinale, a metà ottobre San Martino del Carso ospiterà un evento promosso e realizzato dal Gruppo speleologico in collaborazione con l’ambasciata di Ungheria a Roma, la contea di Csongrad, la comunità di Sombately e la Fondazione Carigo. Nell’occasione, nel luogo dove sorgeva l’Albero Isolato verrà piantato un gelso donato dalla comunità di Szeged, la città da cui partirono i soldati del 46° Reggimento. Ad attenderlo a San Martino ci sarà la pietra con i versi di Ungaretti, in una sorta di unione ideale tra le due parti del fronte. Intanto però rimane il rammarico del bambino ritratto nella foto con il poeta-soldato e la zia Marcella. «Quel monumento è poco considerato e non capisco perché», osserva sconsolato Luciano Visintin.

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