Chendi, la strana guerra sulla nave fantasma

di Alessandro Mezzena Lona
Un altro, al posto suo, avrebbe trasformato il Gran Guinigi in un trampolino. Per ottenere da quel premio prestigioso, che Lucca Comics ha assegnato nel 2010 alla sua graphic novel “La porta di Sion”, tanto successo, soldi e popolarità. Un altro, appunto, non Walter Chendi. Prova ne sia che soltanto adesso, a distanza di sei anni, esce la nuova storia disegnata dell’autore triestino.
Vero è che Walter Chendi, nel frattempo, si è dedicato a completare la trilogia delle “Maldobrie”. Una versione a fumetti della fortunata saga di Carpinteri&Faraguna. E che ha scoperto, in un romanzo, anche il fascino della scrittura libera dal supporto di matite e pennelli. Però è vero anche che lui, che senza dubbio rientra tra i pochi, davvero bravi autori di graphic novel in Italia, non ha mai amato le luci della ribalta. Non ha mai cercato il successo a tutti i costi.
Così, bisogna imparare a rispettare i suoi tempi. E godersi fino in fondo le storie che, di tanto in tanto, regala ai lettori. Come questa “Maledetta balena”, che esce per la casa editrice Tunué (pagg. 160, euro 16.90) in un’edizione a colori stampata splendidamente. Come merita un autore che nel disegno mette non solo talento, ma attenzione, ricerca, gusto per il dettaglio e per le citazioni.
Fin dalle sue prime storie, comparse su quel gioiello di rivista che era “Comic Art”, dove potevi trovare le più grandi firme del fumetto italiano, e non solo, Chendi ha sempre sposato la tecnica della linea chiara. Puntando su un disegno graficamente molto pulito e ben organizzato. Concedendosi un ritmo narrativo che non si piega alla rigida suddivisione delle tavole. Ma la reinventa, la sconvolge quando serve ottenere effetti particolari.
In “Maledetta balena”, Chendi ritorna a raccontare un mondo immaginario che, in realtà, confina con i suoi ricordi, con il vissuto familiare, con gli amori letterari e artistici. Al centro della storia, ambientata nel 1943, c’è un giovane marinaio. Giovanni Dardini, dopo essere stato ferito, viene spedito a fare il cuoco su una nave che è ormeggiata in un canale del Nord. A bordo della Kosbörg è accaduto qualcosa di strano. E quel grande mistero galleggiante, commissionato dalla Svezia all’inizio della guerra e poi rifiutato, sopravvive in attesa di un evento di cui è meglio non parlare. Come accade alla guarnigioe di stanza nella Fortezza Bastiani nel “Deserto dei Tartari” di Dino Buzzati.
Enigmatico e inquietante, a dettare i ritmi di vita sulla nave è il capitano. Forse un parente lontano del Kurtz del conradiano “Cuore di tenebra”, che ha ispirato il personaggio di Marlon Brando in “Apocalypse Now” di Francis Ford Coppola. Quello di Chendi, in realtà, è un uomo molto più attartto da un affare schifoso. Vuole rivendere alla borsa nera tutto quello che di valore c’è sulla nave. A renderlo debole, però, sarà il segreto che galleggia assieme a lui.
«Come sempre, quando scrivo una storia, uso ricordi personali e suggestioni che mi porto dentro. Reinventando, cambiando i nomi - spiega Walter Chendi -. Il nome della nave, ad esempio, ricorda quello della Stockholm, trasferita dai tedeschi nel vallone di Muggia nel 1943. Molte storie di guerra attingono ai racconti di mio padre, a cui ho voluto dedicare questo libro. Su tutto, poi, vince la fantasia e la voglia di raccontare, disegnare una vicenda che funzioni».
Compagno d’avventura di Giovanni Dardini, che ripercorre il dipanarsi della storia, ormai ottantenne e malato, da un letto d’ospedale, è un gabbiano. Che lo viene a trovare sempre, al contrario del figlio Walter, anche quando la Morte sembra pronta a portarlo in viaggio con sé. Simbolo del destino oscuro del giovane marinaio, costretto a caricarsi sulle spalle il peso di un’avventura forse marginale, ma in realtà legata a filo doppio a quella sporchissima guerra che si combatte attorno alla nave.
«Questa “Balena” era pronta già nel 2013 - confida Chendi -. Poi mi sono lasciato prendere da un’altra avventura. Ho scoperto anche il piacere di raccontare senza i disegni. È nato così il mio primo romanzo, si intitola “La tigre del circo svedese”. Gira attorno alla storia di Trieste, partendo dal 1918 e arrivando al 2018. No, niente paura: non è un tomo indigeribile. Ho scritto solo 160 pagine».
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