Chiara, la malattia e due assillanti “perché”

Esce “Il ritratto della salute”, libro nato dal monologo con cui Stoppa ha raccontato a teatro il cancro che l’ha colpita
Di Corrado Premuda

Una ragazza di ventisei anni, solare, circondata di amici e un po’ sovrappeso. Vive a Milano, dove si è diplomata alla scuola del Piccolo Teatro, ed è un’attrice che alterna il lavoro sul palcoscenico in spettacoli che la portano in giro per l'Italia ad attività di formazione con bambini, adolescenti e disabili. Una vita serena, felice, quella di Chiara Stoppa. Nel 2005 Chiara accusa spesso momenti di stanchezza, “devo mettermi a dieta” dice agli altri e a se stessa senza dare troppa importanza alla cosa, ma la situazione diventa patologica, il malessere degenera e, dopo un ricovero urgente, le viene diagnosticato un tumore. Uno di quelli che guarisce nell'85% dei casi, ma lei rientra nell'altro 15%. Comprensibili, a quel punto, le sue reazioni di disperazione e paura, tutto diventa difficile e cruciale: sottoporsi ai controlli, avvisare familiari e amici, affrontare i medici e i ricoveri, cercare di continuare a vivere malgrado tutto. Ma la scelta più delicata sarà quella, dopo un anno di sofferenze e di cure fallimentari, di rifiutare il trapianto e di puntare sulla vita: e, con sorpresa di tutti, Chiara si avvia alla guarigione.

Questa storia, raccontata con esilaranti picchi di umorismo che si alternano a tenerezza e candore, Chiara Stoppa l'ha trasformata in un monologo teatrale, scritto insieme a Mattia Fabris, che ha presentato al pubblico con un buon successo. Ora dal teatro la sua vicenda approda alla carta stampata nell'omonimo libro “Il ritratto della salute” (Mondadori, 136 pagine, 16 euro). Il lettore fa così la conoscenza di personaggi reali e figurati, come la madre di Chiara, friulana di Pordenone, apprensiva e vulcanica, che le ripete quasi ironica: «Coraggio, ché il mal xe de passajo!», o come la zia Chemio «una zia cattiva e violenta. È come se per schiacciare una zanzara che ci sta pungendo sulla spalla usassimo una pala da giardino: la zanzara muore però la schiena rischia di spezzarsi». Una girandola di amici le sta sempre intorno, dal ragazzo che la soprannomina Charlie Brown quando Chiara perde i capelli, a Irene l'amica triestina, fino a Graziella, che cerca la guarigione con massaggi cranio-sacrali e ponendo domande.

Nel libro una domanda ossessiona Chiara Stoppa: perché? «Sono due i perché che mi ponevo», dice l'autrice. «Il primo era: perché a me? Una domanda fondamentale per chiunque affronti una malattia. Ma la guarigione, secondo me, passa proprio attraverso la ricerca di una risposta. La seconda domanda è: perché io sono guarita e altri no? In realtà non ne ho idea ma ho capito che non esiste una sola via perché ognuno è diverso e diversi sono i modi di vivere e sentire il proprio corpo. Io sono passata attraverso la malattia e il cambiamento è scritto nel mio corpo».

Un anno dopo l'ultima sessione di chemioterapia, Chiara Stoppa decide di scrivere: «Mi trovavo spesso a raccontare la mia storia agli amici o agli sconosciuti ai tavolini del bar. Ho pensato che avrei potuto tradurre il racconto per un pubblico più vasto, quello del teatro. Insieme al mio collega Mattia Fabris sono andata in montagna: io parlavo e lui mi ascoltava. Poi abbiamo deciso come raccontare la vicenda, usando l'ironia che mi accompagna sempre e che avevo con me anche in ospedale».

Ed ecco allora le belle immagini del testo: Chiara a tu per tu con il suo migliore amico, il soffitto; Chiara in carrozzina spinta dalla madre come fossero sugli autoscontri; Chiara a riflettere sulla sua vita infarcita di terapie come fosse sotto una campana di vetro perché «ero diventata qualcosa di simile a un tabù, qualcosa che mette in imbarazzo». Un libro che non spiega come guarire ma che dimostra quanto sia fondamentale ascoltare il proprio corpo. Un libro che vuole stare accanto alle persone.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo