Guido Tonelli, la fisica e l’eleganza del vuoto

Il fisico toscano che ha scovato il bosone di Higgs presenta l’ultimo libro: «Dopo la quantistica ci attende una nuova rivoluzione in fisica»

Federica Gregori
Guido Tonelli
Guido Tonelli

«Nella storia ci sono momenti in cui l’intuizione di uno o più individui produce una rottura del punto di vista dominante destinata a segnare il dibattito futuro per secoli». Chi lo scrive si riferisce a massimi pensatori, Galilei, Torricelli, Pascal, ma una rivelazione che ha cambiato per sempre il nostro sguardo sulla materia porta anche la sua firma.

Se la scoperta del Bosone di Higgs parla anche italiano è grazie a lui, Guido Tonelli, il fisico toscano che nel 2012 ha scovato la famosa “particella di Dio” profetizzata dallo scienziato di cui porta il nome quasi 50 anni prima: lui e Fabiola Gianotti, con i loro rispettivi esperimenti Cms e Atlas, sfruttando i 27 km dell’immenso Large Hadron Collider del Cern di Ginevra, la più grande macchina scientifica mai costruita dall’uomo, hanno finalmente visto materializzarsi un obiettivo ricercato da mezzo secolo. Oggi, 31 maggio, alle 18 Tonelli sarà alla libreria Lovat di Trieste per presentare il suo nuovo libro “L’eleganza del vuoto” (Feltrinelli 2025, pp. 192, 17,10 euro).

Cosa ricorda di quel momento così rivoluzionario?

Tutta l’emozione: ancora oggi ho la pelle d’oca. A volte mi sveglio la mattina e ancora non ci credo, mi dico “non è possibile che sia toccato proprio a noi di vivere quel momento”. Quel tipo di emozioni valgono più di qualunque onorificenza, compreso il premio Nobel. Ne sono sicuro: la soddisfazione che hanno avuto Englert e Higgs quando abbiamo scoperto il Bosone è molto superiore a quella che hanno avuto quando gli è stata consegnata quella medaglia a Stoccolma. Anche per i premi che ho ricevuto io: sei contento, certo, ma niente è paragonabile al momento della scoperta.

Per capirlo fino in fondo bisognerebbe partecipare alla passione che guida il lavoro degli scienziati. Passione che è abbracciata alla paura: il nostro non è un mestiere facile, dove si inanellano successi, tutt’altro: spesso è un calvario di fallimenti. Per costruire ad esempio i grandi acceleratori e i grandi apparati come Cms abbiamo impiegato 20 anni in cui ogni mese c’era una crisi, una difficoltà da metterti al tappeto: una volta non bastavano i soldi, quella dopo una tecnologia che sembrava funzionare era difettosa, poi succedeva che avevi una scadenza e non riuscivi a mantenerla, quindi uno dei paesi finanziatori si ritirava.

Una battaglia continua.

Battaglia dove guardi sì all’obiettivo ma è talmente forte la paura di non riuscire ad arrivarci – anche perché le generazioni precedenti non ci sono riuscite, e anche tu potresti essere uno di quelli – che quando succede, quando invece di colpo tutto funziona come quel giorno, riesci a tenere insieme queste complicatissime attrezzature e cominci a vedere negli schermi dei computer che sta succedendo qualcosa, quasi non ci credi. E nel momento in cui hai le prime conferme esplode una gioia indescrivibile.

È come se alla finale di Champions di stasera invece che Inter e PSG, squadre con enormi capitali, arrivasse una squadra di Promozione: la gioia esplosiva di quei calciatori assomiglierebbe alla nostra. Perché ti trovi tra i primi umani a osservare uno stato della materia che nessuno prima di te ha mai visto.

Fatica e perseveranza.

Direi anche sofferenza. Noi scienziati siamo come tutti gli altri, l’unica differenza che abbiamo non è tanto nel cervello, nell’intelligenza, ma in questa capacità di resilienza: siamo addestrati fin da giovani a prendere colpi continui e comunque andare avanti. Perché la ricerca è così: se imbocchi una strada e non funziona devi tornare indietro e ripartire daccapo. Se ti abbatti al primo insuccesso non sei adatto a fare questo lavoro.

Col nuovo libro ha scelto di esplorare il vuoto, perché?

Pensiamoci: siamo eredi di quella tradizione occidentale che ha concentrato tutta la sua attenzione sull’essere e ha considerato il non essere qualcosa di negativo, di pericoloso.

Quante accezioni negative sono collegate al vuoto? Una persona vuota, lo stomaco vuoto, cado nel vuoto: decine e decine di frasi in cui il vuoto è in odore di negatività. Ma il motivo per cui ho deciso di scrivere questo libro è che se noi riusciamo a superare questo pregiudizio, a liberarci da questo condizionamento, di colpo scopriamo che il concetto di vuoto, specialmente quello che ha sviluppato la fisica contemporanea, è ricchissimo!

È il concetto che non solo ci permette di capire da dove è nato l’universo, ma anche, col vuoto elettrodebole, come mai questo ha preso la forma che ci è congeniale: si è cioè organizzato in protoni, neutroni, elettroni, atomi. È come se il vuoto ci avesse fatto il dono di un universo, e poi ci avesse fatto un altro regalo: quello di darci un universo in cui la materia è persistente, organizzata in determinati componenti. Sono idee talmente belle che non posso tenerle per me, le devo condividere con la mia comunità. Certo non posso usare la matematica, gli strumenti della scienza ma posso usare le parole, parole adatte per avvicinare il lettore a questi concetti.

La ricerca scientifica sul vuoto, sostiene, apre ora a una nuova epoca.

La società moderna si è sviluppata, negli ultimi 100 anni, grazie alla conoscenza della materia. Meccanica quantistica e relatività ci hanno permesso di capire com’è organizzata la materia sul piano microscopico: ci siamo concentrati sul pieno. Abbiamo trascurato, non a caso, quello che c’è intorno alla materia che è lo spazio-tempo, cioè il vuoto propriamente detto.

Ora abbiamo capito che questo spazio-tempo è fondamentale, importantissimo. Abbiamo però bisogno di investigare, con la stessa cattiveria e determinazione, come è fatto lo spazio-tempo, qual è la sua struttura microscopica: cioè quali sono le leggi del vuoto. Intorno al sole c’è il vuoto: quel vuoto lì, che è deformato dal sole, non è qualcosa di indifferente ma è un elemento materiale fondamentale.

Si apre quindi una sfida: comprendere la struttura infinitesima del vuoto che compone l’universo materiale. Il giorno in cui capiremo questa struttura, quando capiremo le leggi che la regolano, nasceranno tecnologie impensabili rispetto a quelle che abbiamo oggi. Immaginiamo un’altra rivoluzione, dopo quella della meccanica quantistica, che questa volta coinvolge la conoscenza più segreta del vuoto. Sarà una nuova rivoluzione, e ancora più incredibili le tecnologie che potremo sviluppare. Ecco perché metto il vuoto al centro del libro. Per dire: attenzione! È questa la sfida dei prossimi decenni. —

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