Come accordare un pianoforte nelle foreste della Birmania

Evidentemente il pianoforte attrae, affascina. Le corse sui quei tasti bianchi e neri, infatti, hanno ispirato film capolavoro come “Lezioni di piano”, “Il pianista” o “La leggenda del pianista sull’oceano”; e pure un giovane scrittore statunitense, Daniel Mason, nella sua opera prima, “L’accordatore di piano” (Neri Pozza, pagg. 286, 18 euro), romanzo di amore e di avventura che intreccia la storia e la geografia.
La scrittura è sinuosa, ammalia e trascina dolcemente il lettore di pagina in pagina, senza accusare colpi di sonno. Insomma, c’è un pizzico di Kipling e un po’di Conrad qui. E l’epilogo lascia davvero senza parole.
Siamo a Londra, nel 1886. L’accordatore di piano Edgar Drake riceve un’insolita richiesta dal ministero della Guerra: per conto di Sua Maestà, deve lasciare sua moglie (e una vita tranquilla) e recarsi nell’impervia giungla della Birmania per riparare il pianoforte del maggiore medico Anthony Carroll, personaggio scomodo e bizzarro sulla cui lealtà alla Corona più di qualcuno solleva dubbi ma uomo di fondamentale importanza per l’esercito inglese alle prese con insurrezioni locali e la minaccia delle truppe francesi.
Drake appare quanto di più lontano possa esserci dal tipo di persona adatta al clima tropicale e alle avversità di un viaggio in Birmania: artigiano-artista alto ed esile, quarantenne con folti capelli già quasi grigi e un paio di occhiali dalla montatura metallica, l’accordatore ha l’aria di un maestro di scuola più che di un uomo in grado di assumersi delle responsabilità militari.
“Una somma di denaro pari a un anno di lavoro per un servizio di tre mesi”.
Drake accetta la missione con entusiasmo e un mese dopo è in viaggio con i suoi attrezzi verso un avamposto nei ribelli Stati Shan, in una zona sperduta e ostile della Birmania. Attraversa l’Europa, il Mar Rosso e l’India fino all’arrivo in Birmania, dove incontra Khin Myo, elegante donna che profuma di cocco e cannella, la cui voce è paragonabile al soffio del vento sulla bocca di una bottiglia di vetro. È chiaro che il pianoforte è solo un pretesto per immergere i lettori nella storia tortuosa della Birmania con sullo sfondo quell’imperialismo britannico che considera l’altro da educare, ospite sgradito in una terra che non gli appartiene più. Un barbaro da civilizzare. Questa è la bravura di Mason, biologo e medico, esperto di malattie tropicali: sa di cosa parla e sa scrivere. Un connubio perfetto. E sa che inserire una storia d’amore non può che aggiungere pathos al romanzo. Avventura, guerra, amore. Il classico dei classici. Furbizia e classe: il lettore è sedotto. –
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