Da Ferdinando Camon a Oscar Wilde gli “Insperati incontri” di Silvio Perrella
C’è Ferdinando Camon, che ricorda Primo Levi e indicando una lettera che gli aveva mandato poco tempo prima di morire stupisce dicendo: «Io non credo che si sia trattato di suicidio, e lo dico perché...

All'Hotel Caruso, Incontro con Silvio Perrella autore dei libri L’Aleph di Napoli (ilfilodipartenope) e In fondo al mondo. Conversazione in Sicilia con Vincenzo Consolo (Mesogea) Interviene Antonio Scurati
C’è Ferdinando Camon, che ricorda Primo Levi e indicando una lettera che gli aveva mandato poco tempo prima di morire stupisce dicendo: «Io non credo che si sia trattato di suicidio, e lo dico perché in quella lettera Levi era pieno di propositi per il futuro». Poi c’è Fabrizia Ramondino, che aveva una distrazione leggendaria: «buttava il mozzicone della sigaretta per terra e con il piede provava a spegnerlo, ma il piede era ben distante dal piccolo braciere che produceva la sua ultima cenere». Oppure c’è Giancarlo Siani, il giornalista ucciso dalla camorra, che «è diventato un’icona; e anche i suoi oggetti -
in primis
la sua Mehari, la macchina nella quale è stato ucciso - continuano a sprigionare un’energia immaginativa inusuale».
Scrittori, attori, giornalisti, artisti: presenze, figure incontrate di persona o solo evocate tramite un’intervista scritta, o una trasmissione radiofonica, un ritratto o un ricordo. Sono gli
“Insperati incontri” (Gaffi Editore, pagg. 512, Euro 23,00)
di
Silvio Perrella
, raccolti in un sillabario dove, nota l’autore, «ci sono le voci degli interlocutori e c’è la mia voce». È, questa di Perrella, un’opera «composita e polifonica», dunque, che mette in scena una serie di personaggi colti nella loro essenza, e perciò capaci di essere vivi sulla pagina. Perché, nota il critico, «in una voce che parla si è depositato il tempo; e il tempo, inoltre, si è imbevuto di spazio. Questo rende possibili incontri veri e incontri apparentemente “impossibili»”». Italo Calvino, Antonio Capuano, Vincenzo Consolo, Toni Servillo, Elizabeth Strout e - oltre a tutti gli altri - persino Oscar Wilde colto in un immaginario dialogo con il “critico”, compongono in ordine alfabetico una serie di ritratti dove si impone «la connessione, quella imprevedibile possibilità che due persone s’incontrino in un dato luogo e si raccontino guardandosi negli occhi».
Da quel raffinato scrittore e critico letterario qual è, Perrella sa che frequentare le parole sulla carta non basta, sa che per spremere succo dalle opere bisogna lanciare uno sguardo oltre la pagina, e bisogna soprattutto predisporsi all’ascolto: «Ho capito - scrive - che mi piaceva ascoltare la parola altrui; e che anzi quella parola facevo in modo che venisse, la stimolavo ponendo domande». Perché leggere, conoscere, capire, è sempre un inesausto interrogare e interrogarsi.
Pietro Spirito
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