Del Puppo: «Ruggero Rovan, scultore inattuale in una Trieste città italiana, ma diversa da tutte»

L’intervista
Verrà presentato domani, all’auditorium del Museo Revoltella di Trieste, alle 18, il ventesimo volume della Collana d’Arte della Fondazione CRTrieste, dedicato allo scultore triestino Ruggero Rovan, per la cura di Barbara Coslovich. Rispetto ai volumi precedenti la monografia su Rovan, si presenta molto più agile (160 pagine contro le oltre 400 degli ultimi volumi dedicateia Umberto Veruda o Pietro Fragiacomo) e con una nuova veste grafica: segno di un nuovo corso che intende dare il nuovo curatore della collana Alessandro Del Puppo. È così?
«Quando mi è stato proposto di curare la Collana d’Arte della Fondazione CrT – risponde Del Puppo - mi sono chiesto come inserirmi nella direzione di quella che credo essere l’unica collana d’arte in Italia da poter vantare una continuità ventennale e un profilo coerente fortemente identificato quale quello delineato da chi mi ha preceduto, ovvero i professori Franco Firmiani e Giuseppe Pavanello. Il mio progetto intende mantenere l’identità visiva, pur modificando qualche elemento a livello grafico, ma cambiando il punto di vista: la novità principale sta nel proporre non più il catalogo generale di un autore ma piuttosto una monografia interpretativa con un saggio introduttivo e una selezione di opere (40 o 50 al massimo) commentate da un testo esemplificativo capace di accompagnare il lettore nella comprensione e nell’approfondimento, prediligendo la qualità delle opere. Inoltre già in questo primo volume c’è un sottotitolo che è importante poiché indica l’intenzione di realizzare una monografia di contesto: Ruggero Rovan e la scultura a Trieste nel primo Novecento».
Da questo confronto cosa emerge di interessante?
«L’aver guardato a dei modelli molto lontani dal suo ambito culturale: Rovan non si è ispirato agli artisti della Secessione viennese o tedesca. Guardava a Rodin e alla scultura francese in un periodo in cui i suoi contemporanei andavano in tutt’altra direzione. Qui sta il suo limite ma anche il suo carattere originale, nel suo trovarsi in un momento di transizione. Per sua scelta, o per sua sfortuna, è sempre inattuale rispetto al suo tempo e questo è ciò che lo rende interessante».
Esiste una specificità dell’arte triestina o dell’ambiente culturale triestino?
«Non so se ha senso, ieri come oggi, parlare di arte triestina: Leonor Fini è triestina? Serse, di origini trevigiane come me, è triestino? A Trieste sono passati in molti e in molti se ne sono andati. Sicuramente Trieste è una città italiana in modi diversi rispetto a tutte le altre città italiane: è questo il suo tratto più importante e forse ancora oggi poco noto fuori Trieste. Qualche settimana fa ho portato i miei studenti della Scuola di Specializzazione dell’Università di Udine a visitare Trieste e tra loro c’erano studenti provenienti dalla Calabria e dalla Sicilia che la vedevano per la prima volta. Si aspettavano di vedere una città come Genova e Napoli, invece hanno scoperto una città diversa. Soprattutto hanno scoperto per la prima volta la sua storia, l’importanza del suo territorio, la sua identità di città di confine. Hanno visto che le collezioni dei musei riflettono la condizione politica, economica, sociale degli anni trascorsi: a Trieste tra ‘800 e ‘900 opera una borghesia mercantile imprenditoriale che non si trova nelle altre città italiane e ciò ha una corrispondenza nella vita artistica e culturale».
Ha citato Leonor Fini e Serse: le prossime monografie potranno riguardare anche più il contemporaneo?
«I prossimi autori saranno sempre appartenenti all’area giuliana triestina, ma ci sarà anche la possibilità di estendere il territorio di indagine con artisti non triestini seppur partecipi della vita culturale e artistica triestina. C’è l’idea anche di un’espansione cronologica senza tradire l’identità della collana legata al periodo d’oro dell’arte triestina, tra Ottocento e Novecento».
Immagino stiate già lavorando al prossimo volume: ci può dare un’anticipazione?
«Ci stiamo lavorando da un anno: la prossima monografia sarà dedicata a Tullio Crali. Dal futurismo giuliano all’aeropittura, per la cura di Massimo De Sabbata». —
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