Doro Gjat, rapper friulano porta la provincia alla riscossa

TRIESTE. Doro Gjat (Luca Dorotea), rapper e cantante classe 1983, già voce del gruppo friulano Carnicats, sta raccogliendo grandi riscontri con il suo disco solista "Vai fradi" (ReddArmy). Tanto da finire per ben due volte anche nel notiziario di Italia1, Studio Aperto. Il suo nome circola parecchio e su YouTube il videoclip del singolo "Vai Fradi" (feat. Dek Ill Ceesa) ha superato le 50 mila visualizzazioni. I numeri (ed il seguito) sono aumentati dai tempi in cui il giovane Luca, negli anni Novanta, ascoltava rap nella sua Tolmezzo ed erano davvero "quattro gatti" a farlo: da lì nacquero appunto i "gatti della Carnia" (Carnicats) e anche il suo soprannome ("gjat" significa gatto).
In "Vai fradi" usa il friuliano come tratto distintivo, mescolandolo all'italiano e all'inglese; le produzioni musicali sono affidate al giovane talento carnico Davare, le chitarre rock di Gianni Rojatti si alternano ai fiati dub di Zeno, mentre la Carnicats Live Band (Michele Orselli al basso, Elvis Fior alla batteria e Giacomo Santini alla chitarra) torna a più riprese, il socio dei Carnicats, Dek Ill Ceesa è presente su metà dei brani; l'album è stato mixato e masterizzato da Squarta dei Cor Veleno a Roma. L'identità territoriale e i temi della provincia e dell'emigrazione sono il filo conduttore dei testi, tra gli ospiti ci sono i Videodreams, Delta Club e Railster, cresciuti in terra friulana e poi emigrati oltremanica.
«Il tour è partito dal Round Midnight di Trieste - racconta Doro Gjat - la chiusura di un cerchio perfetto: ho visto nascere quel locale. L'attuale gestione è composta da amici molto stretti: Gianluca Fantinel è stato membro dei Carnicats. L'affluenza è stata notevole».
Il disco sta avendo molta attenzione anche a livello mediatico.
«Questo momento di fama virale è stato utile per capire come il "successo" (da notare le virgolette) stia negli occhi di chi guarda. Per me è cambiato, di fatto, molto poco, sono sempre un cassintegrato povero in canna come prima! (ride ndr). Certo è servito parecchio a "cementificare" la mia caratura artistica».
E Italia1?
«Il passaggio a Studio Aperto è stato una soddisfazione enorme, nonostante tutti i limiti che i media di massa possono avere. Entrambi i servizi erano molto carini, il messaggio che è passato ("orgoglio provinciale", detto in due parole) è molto affine al lavoro che sto facendo. E chiaramente ha ampliato parecchio il bacino di utenza».
Cosa troviamo in "Vai Fradi"?
«Il disco è nato con l'intento di creare una valvola di sfogo per me in primis, un campo da gioco nel quale esprimermi appieno nel modo che più mi piace. Non mi sono posto limiti né traguardi, ho fatto quello che mi piaceva, ho lavorato con artisti che stimo profondamente e ho creato qualcosa di fresco e originale senza compromessi. Dentro ci trovi me e la mia visione della musica, quella che a me piace: quindi contaminazioni con altri generi musicali, tante parti melodiche, strumenti suonati dal vivo (cosa abbastanza inusuale in un disco hip-hop), ritornelli in inglese e in friulano... Insomma, un quadro molto articolato nel quale convergono tutti gli aspetti della mia musica».
Il miscuglio linguistico si è rivelato vincente.
«Sorprendentemente sì. Ho fatto quello che mi pareva, senza pensare a quali fossero le esigenze del mercato. E curiosamente ho ottenuto risultati insperati, in particolare dai media nazionali che hanno trovato curioso questo hip-hop dalla provincia che sa di Mitteleuropa e che incrocia lingue e influenze diverse. Ne sono enormemente soddisfatto».
La scena musicale della nostra regione?
«Tempo fa avrei detto che le debolezze della nostra regione, sul piano musicale, sono dovute all'isolamento territoriale al quale siamo sottoposti. Tuttavia i tempi cambiano, i social network hanno radicalmente mutato la nostra percezione del mondo e se prima l'isolamento poteva essere un handicap adesso è invece un punto di forza che va sfruttato».
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