Fabio Volo al Rossetti «Sono un tipo da borraccia e vi dico perché amo l’acqua»

l’intervista
Domani alle 21, al Teatro Rossetti di Trieste, arriva “Volo sull’acqua” uno spettacolo del Gruppo Hera, di cui fa parte anche AcegasApsAmga, con Fabio Volo e Gianumberto Accinelli. Un’occasione speciale in cui «l’acqua sarà in scena per raccontare il suo valore», come recita il sottotitolo, che sarà aperta al pubblico con ingresso gratuito a partire dalle 20.30.
Come nasce questo spettacolo?
«Nasce - risponde Fabio Volo - da una richiesta del gruppo Hera, che ha contattato l’entomologo professore Gianumberto Accinelli che divide il palco con me. Ci avevano sentito dialogare in radio in svariate occasioni riguardo animali ed insetti e a loro piaceva la nostra interazione. Il gruppo aveva l’esigenza di diffondere un messaggio relativo a un uso più consapevole dell’acqua di rubinetto e di un utilizzo piú intelligente della plastica, e hanno pensato di affidarlo a noi. Quando Accinelli ha chiamato me per parlarmi di questa idea ho accettato subito perché mi sembrava un bel messaggio».
Lei conosceva già queste tematiche?
«Sì, io sono uno che usa la borraccia, che beve acqua di rubinetto. Ero già dentro questo stile di vita».
Come è stato tornare a teatro?
«Solitamente vado a teatro per presentare i miei libri oppure ho fatto una tragedia, “Il mare è tornato tranquillo” di Silvano Agosti nel 2003. A dire il vero quando sono sul palco di un teatro mi sento molto a mio agio, quindi avrei potuto seguire questa carriera ma non ho mai scelto di fare le cose che mi vengono facili. Ho sempre privilegiato le cose che mi riescono difficili, tipo la scrittura e le sceneggiature. Tra l’altro i miei impegni radiofonici non si sarebbero conciliati con una tournée teatrale vera e propria. Ho smesso anche di fare i film per lo stesso problema».
A cosa si sta dedicando ora?
«Ho appena finito la seconda stagione di una serie tv che si chiama “Untraditional” e stiamo pensando alla terza. Nel frattempo sto organizzando il mio prossimo romanzo, la mattina faccio la radio, la domenica sono sempre da Fabio Fazio, e ogni giorno alle 16 vado a prendere i miei figli all’asilo».
Da padre, in un momento in cui sta portando a teatro uno spettacolo di divulgazione, che futuro prevede per i suoi figli?
«L’acqua è un tema centrale in tutto il mondo. Io faccio davvero fatica a fare previsioni sul mondo che verrà, in cui vivranno i miei figli. È così strappato dall’adolescenza e dall’infanzia che ho avuto io, che sono disorientato. Tra me e mio padre c’era una differenza generazionale ma era comunque limitata dall’estrazione sociale, da una serie di cose che ci rendevano simili. La diffusione di questa nuova tecnologia ha creato una nuova generazione che è completamente staccata da tutte le altre. Cerco di limitare ai miei figli l’utilizzo di questi strumenti. Fino a qualche giorno fa ero a New York e vedevo nei ristoranti questi bambini con i telefoni. Le altalene sono sempre più vuote. Ci sarà forse una super tecnologia che pulirà l’acqua e ne renderà possibile una diffusione che preveda un utilizzo sempre minore della plastica, io me lo auguro».
Attore, scrittore, conduttore radiofonico, conduttore televisivo e sceneggiatore. Lei ha spaziato nella sua carriera. Quale è la dimensione in cui si sente più a suo agio?
«La scrittura. Stare a casa a scrivere un libro, un film o una serie tv. Non mi piace tanto la performance in sè, in cui sono protagonista. Amo la goduria che mi viene dalla solitudine che crea l’idea».
Lei frequenta spesso New York. Quanto influisce un cambio di location nella creatività?
«Andare a New York, per me, è come per uno di provincia arrivare a Milano come ho fatto io tanti anni fa. Avendo radici forti e basi solide una città più grande ti offre stimoli molto forti. Quando sono lì mi trovo immerso nella sensazione che ogni possibilità sia realizzabile, talvolta qui invece, se hai un’idea e la esponi durante un pranzo, rischi di vedertela demolire prima del caffè. C’è un flusso energetico diverso». —
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