Gli schizzi di Picasso, contro ogni mattanza

A Firenze i disegni preparatori a “Guernica” e molte altre opere

FIRENZE. Molti degli schizzi di Pablo Picasso (in totale ne ha eseguiti 36), utilizzati per la celebre “Guernica”, forte messaggio contro i regimi dittatoriali e nello specifico contro il nazismo, sono esposti a Palazzo Strozzi a Firenze. È la prima volta che un numero così consistente si può ammirare al di fuori della Spagna. Provengono dal Museo Nacional Reina Sofìa di Madrid dove si trova anche l’opera completa, ben tre metri e mezzo per 7,75.

Una vera e propria chicca questa sezione dell’esposizione fiorentina intitolata “Picasso e la modernità spagnola”, poiché mentre si segue un entusiasmante, e per certi versi imprevedibile percorso, ci si imbatte anche in opere di altri grandi artisti come Mirò (in particolare “Siurana”) e Dalì (incredibile il suo “Arlecchino”) e ancora Juan Gris, Julio Gonzales e Marìa Blanchard.

Siamo nel 1937 quando Picasso realizza gli schizzi a perenne ricordo di quanto era accaduto qualche mese prima, verso la fine di aprile, in quella località basca della Biscaglia, Guernica, rasa per metà al suolo dai bombardamenti aerei dei volontari della Legione nazista Condor supportata dall’Aviazione Legionaria. Schizzi che sono serviti per realizzare il grande dipinto volutamente in bianco e nero, anche se alcuni sono arricchiti dal colore, per evidenziare la crudeltà, le atrocità, la distruzione, la morte che porta una qualsiasi guerra. Una madre con il neonato morto in braccio è una delle figure emblematiche dell’opera, perchè le vittime sotto le macerie furono soprattutto donne e bambini.

Proprio per questo motivo Picasso non volle che il suo capolavoro fosse inizialmente esposto in una Spagna “occupata” da regimi. L’opera fu portata in esposizione in giro per l’Europa prima di finire a New York, dove è rimasta per una quarantina d’anni, prima di essere posizionata definitivamente al Reina Sofìa di Madrid. Proprio nei giorni scorsi la mostra fiorentina che, nell’arco di poco più di un mese, è già stata visitata da oltre 30 mila persone, si è arricchita di un ulteriore importante pezzo, “La Testa di cavallo. Schizzo per Guernica”, pezzo unico che racchiude in parte l’essenza del capolavoro di Pablo Picasso.

A Palazzo Strozzi, il percorso propone molte altre opere che catturano il visitatore per gli effetti cromatici e la variabilità di stili, e di conseguenza di epoche di realizzazione. Fino ad arrivare a quelli che, nell’immaginario collettivo, caratterizzano maggiormente Picasso come esponente di punta del cubismo. Ci sono “Il pittore e la modella” (1963), la “Testa di donna (Fernande)” del 1910, “Busto e tavolozza”, un olio su tela del 1928 intitolato “Figura”, la “Donna seduta appoggiata sui gomiti” e in particolare il “Ritratto di Dora Maar” (1939), scelto come “copertina” dell’esposizione fiorentina. Non mancano “I gronghi”, gli “Strumenti musicali su un tavolo” e “La nuotatrice” stilizzata e fantasiosa, che lascia fantasticare l’occhio per individuare lineamenti e particolari. La domanda dei curatori è quanto possa aver influito Picasso sull’arte spagnola, non solo sugli artisti famosi, ma su pittori semisconosciuti. È sufficiente sfogliare lo splendido catalogo edito da Mandragora, del curatore della mostra Eugenio Carmona, per capire e approfondire similitudini e periodi. La mostra – aperta fino al 25 gennaio – prende in esame un preciso periodo, quello che va dal 1910 al 1963. L’influenza c’è, e si vede, eccome, ammirando le opere presentate. Non in tutte le opere, però, è così chiara l’influenza del maestro. Nella tela di Alfonso Ponce de Leòn intitolata “Giovani e pescatore”, per individuarla si deve andare indietro nel tempo, quando lo stesso Picasso si cimentava quasi con il puro realismo e il ritratto.

Antonio Boemo

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