Gunthert: «Il selfie? È la nostra dichiarazione di indipendenza»

l’intervistaAndré Gunthert, studioso di livello internazionale nell’ambito della cultura visuale e della fotografia, docente dell’École des hautes études en sciences sociales a Marsiglia, sarà domani...

l’intervista



André Gunthert, studioso di livello internazionale nell’ambito della cultura visuale e della fotografia, docente dell’École des hautes études en sciences sociales a Marsiglia, sarà domani dalle 9.45 al Museo Revoltella per parlare su “Il secondo grado dell'immagine. La fotografia nello spazio pubblico del web”. Alle 12 è previsto un confronto con il giornalista di “Repubblica” Michele Smargiassi. L’evento è ideato dalla Rete delle fototeche e degli archivi fotografici del Fvg nell'ambito della quinta edizione del “Trieste Photo Days Festival” e organizzato da Erpac e Università di Udine. Autore del volume “L’immagine condivisa. La fotografia digitale” (Contrasto 2016), Gunthert affronta l’impatto sociale dell’uso della fotografia attraverso i nuovi media e i social.

«L’immagine digitale - dice - si inscrive in una lunga storia. Dal Medio Evo in poi le immagini fanno parte integrante del paesaggio della cultura occidentale. Dopo l’affermazione della fotografia e del video, l’immagine digitale è una nuova tappa della democratizzazione nella capacità di produrre le proprie immagini. L’immagine è un mezzo di espressione, una memoria e uno strumento di promozione di sé. Partecipando alla scrittura visuale della nostra società, abbiamo rimpiazzato l’immagine di Cristo o delle scene della Bibbia con la nostra storia personale, i nostri visi e i nostri corpi».

La consacrazione del selfie, in cosa sta cambiando il modo di comunicare e di essere?

«Il senso della polemica che ha accolto il selfie è stato quello di accusare i giovani di veicolare un nuovo narcisismo. Ora, il selfie racchiude l’idea di visibilità attraverso l’immagine nel momento in cui questa si autoproduce: creiamo da soli l’immagine di noi stessi. È una specie di dichiarazione d’indipendenza, come la scena iniziale del film “Thelma e Louise”. Ricordate? Non aver più bisogno di intermediari per gestire la propria immagine è il riassunto di tutta la storia visuale della modernità. Se il selfie ha suscitato polemica è soprattutto perché ha dato accesso a una inedita visibilità».

Lo smartphone è lo strumento principale della democratizzazione della fotografia...

«Passando dall’album fotografico ai social, le nostre immagini si fissano nello spazio pubblico e vi inscrivono nuovi messaggi. Lo vediamo oggi nel modo in cui i media o i politici reagiscono alle polemiche sui social: la visibilità delle testimonianze personali è importante come non mai. Far partecipare l’immagine di ciascuno alla storia di tutti è modificare questa stessa storia».

Come si partecipa a questa “rivoluzione”?

«Le minoranze rivendicano di poter accedere allo spazio pubblico, la visibilità è diventata oggi un campo di battaglia. La presenza nello spazio pubblico crea nuove norme e modi di vedere. Ciascuno può oggi contribuire a rimodellarli».

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