I Dubioza Kolektiv a Gu›a con i 24mila baci di Celentano

L'edizione invernale di Gu›a sul Carso, festival di balkan e world music a Borgo Grotta Gigante, si chiude oggi con i bosniaci Dubioza Kolektiv; con apertura porte alle 19.30 e inizio concerti alle 21, protagonisti dell'aftershow dj Pravda & Chef Moskawskaja "Balkan Grill". I Dubioza Kolektiv sono una delle band balcaniche più popolari e amate degli ultimi anni. Presentano il nuovo, settimo album "Happy Machine", che vanta la partecipazione straordinaria di Manu Chao, il trombettista macedone Dzambo Agusev, Roy Paci, Benji Webb degli Skindred, il cantante del Punjabi BEE2 e la band ska-rumba catalana La Pegatina. Raccontano i Dubioza: «È difficile descrivere il nostro mix di generi e influenze. Nel nuovo album siamo riusciti a mescolare anche più lingue: inglese, spagnolo, punjabi e perfino italiano».
Con una cover di "24000 baci" di Celentano.
«La musica pop italiana degli anni '60 influenzò la musica jugoslava, i nostri genitori la ascoltavano. Noi conoscevamo "24000 baci" anche perché era uno dei temi musicali del primo film di Emir Kusturica “Ti ricordi di Dolly Bell?”. Cantavamo quella melodia sin da bambini, senza sapere chi l'avesse scritta. C'era anche una cover del 1961 cantata da Emir Alti„ e tradotta nella nostra lingua. L'anno scorso abbiamo suonato a Torino e abbiamo deciso di farne una versione acustica nei bis. Ci è piaciuto il risultato e abbiamo deciso di registrarla. Abbiamo pensato che Roy Paci fosse perfetto per aiutarci, perché ha una voce splendida e notevoli abilità nel suonare la tromba. E la sua pronuncia italiana è migliore della nostra».
Trieste?
«Ha un posto speciale nei ricordi di una generazione intera cresciuta nella ex Jugoslavia, specialmente negli anni '70 e '80. Trieste era il luogo più vicino in cui le persone, dalla Jugoslavia socialista, potevano andare a gustare i "frutti proibiti" del capitalismo e l'economia di mercato. Migliaia di persone andavano a Trieste a comprare beni e prodotti "occidentali": jeans, scarpe, cosmetici. Se vedevi qualcuno indossare un paio di Levi's, eri certo al 100% che li avesse presi a Trieste».
Che messaggio cercate di diffondere con la musica?
«La cosa più importante è incoraggiare il pensiero critico, cercare di rendere le persone arrabbiate abbastanza da reagire e opporsi alle ingiustizie. Cerchiamo di far riflettere su cose che magari sceglierebbero di ignorare. La gente è bombardata da troppe informazioni e a volte la reazione è evitare di seguire le news e la politica: così si rischia di perdersi cose che è davvero pericoloso ignorare. Alla gente non piace sentirsi dire cosa fare o ascoltare delle prediche, così noi abbiamo scelto un approccio diverso. Cerchiamo di parlare di cose importanti con umorismo, da diverse prospettive e angolazioni. Ed è risultato efficace: i feedback che ci arrivano dai social network lo confermano. Se riusciamo a stimolare conversazioni su argomenti importanti, siamo molto felici».
La musica veicola la vostra visione politica e sociale...
«Viviamo in una zona davvero problematica, in tempi altrettanto problematici ed è pressoché impossibile ignorare la politica. Abbiamo fondato una band anche con l'idea di usarla come una piattaforma dalla quale comunicare determinati messaggi. Se non fossimo in una band, saremmo persone politicamente attive in altri modi. È stato del tutto naturale».
Cosa aspettarsi da un vostro concerto?
«I live sono per noi più importanti di qualsiasi cosa fatta in studio. La nostra musica rende al meglio quando la suoniamo davanti al pubblico, con lo scambio di energia che ne scaturisce. Cerchiamo di coinvolgere gli spettatori il più possibile nello show, di farli sentire come l'ottavo membro del gruppo. Non ci piace la netta divisione tra artista e pubblico, con tanto di transenne e personale di sicurezza».
Tante collaborazioni importanti. Una su tutte: Manu Chao.
«Siamo stati molto fortunati. Siamo cresciuti ascoltando artisti che poi abbiamo avuto il piacere di incontrare. Rispettiamo persone come Manu, che cerca sempre di aiutare e influenzare positivamente i giovani musicisti. Puoi imparare tantissimo da musicisti del suo calibro, anche solo osservandoli durante il sound-check».
Siate stati nominati la band numero 1 al Festival Eurosonic.
«Siamo stati all'Eurosonic dieci anni fa ed era uno dei primi concerti fuori dal nostro paese. C'erano qualcosa come sette persone al nostro concerto, di cui tre ci abbandonarono dopo poche canzoni! Quest'anno, invece, abbiamo suonato sul palco principale ed era stracolmo di gente. La partecipazione è stata così forte che la band che doveva esibirsi dopo di noi ha dovuto aspettare un'ora perché la gente ballava e saltava così tanto durante il nostro live da rompere una parte del tendone».
Prossimi impegni?
«Quest'anno sarà perlopiù di tour ma abbiamo già cominciato a scrivere nuove canzoni per il prossimo album. Stiamo anche pianificando di girare due nuovi videoclip».
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