I giovani discepoli di Pasolini si incontravano nel casello fra poesia e turbamenti

Toniuti (Antonio) Spagnol ha pubblicato i suoi ricordi di quando era allievo alla scuola dello scrittore di Casarsa 
1963 Roma, Pierpaolo Pasolini nella sua abitazione
1963 Roma, Pierpaolo Pasolini nella sua abitazione

il saggio



Nel luglio del 1942, Susanna Colussi, madre di Pier Paolo Pasolini, decide di sfollare in quel di Casarsa della Delizia dall’inverno di quell’anno. Giunto dopo l’8 settembre del ’43 a Versuta, la frazione di Casarsa dove la madre ha preso alloggio con l’altro figlio, Guido, Pier Paolo mette in atto tutta una serie di iniziative culturali, tra cui la più importante è una sorta di “scuola popolare”, in cui impartisce gratuitamente lezioni agli studenti del luogo, per lo più figli di contadini, impossibilitati a seguire i corsi regolari a causa degli eventi bellici. Ad affiancare Pasolini come docenti giungono alcuni amici, per lo più del milieu di Bologna (dove il poeta frequentava l’Università): Giovanna Bemporad, Riccardo Castellani, Cesare Bortotto, il pittore Rico De Rocco e la violinista jugoslava Pina Kalc.

A questa esperienza fa riferimento la finzione narrativa di “Atti impuri”, il romanzo pubblicato postumo nel 1982 (insieme ad “Amado mio”), o meglio, più che romanzo in senso stretto, «autobiografia in via di trasformarsi in vero e proprio romanzo», come l’ha felicemente definito il poeta Attilio Bertolucci. Perché il libro presenta un protagonista di nome Paolo (come l’autore Pier Paolo) che in un paesino friulano chiamato Viluta (evidente riferimento a Versuta) impartisce lezioni ai figli dei contadini durante gli ultimi anni della guerra.

La forma diaristica consente all’io-narrante di registrare i fatti e le impressioni legate al suo contatto con i ragazzi, fonte di profondo turbamento emotivo e sessuale. In particolare sono due ragazzi, Gianni prima e Nisiuti poi, a determinare in Paolo lo sconvolgimento della mente e dei sensi. Soprattutto nei confronti di Nisiuti il narratore sviluppa un forte senso di colpa, legato a una passione inconfessabile perché considerata impura. Impurità contro purezza: Paolo è impuro quanto Nisiuti è puro e innocente. A un certo punto la malattia del ragazzo sembra essere la conferma del peccato di Paolo e, insieme, la sua punizione.

Il nome di Nisiuti richiama quello di Toniuti: Toniuti (Antonio) Spagnol, scomparso nel 2017, è stato infatti uno degli studenti della scuola di Versuta. Di Spagnol le veronesi Edizioni Scripta hanno da poco pubblicato, a cura di Sergio Clarotto (che ne ha trascritto gli appunti contenuti in alcuni quaderni manoscritti), un volume dal titolo “Il Pasolini friulano. Ricordi di un discepolo” (pagg. 156, euro 13,00). Si tratta di un documento prezioso, che testimonia l’importanza del “maestro” Pasolini per tutta una generazione di ragazzi i quali trovarono in lui una guida per la loro cultura e per la loro crescita. Lo stesso Spagnol, che allora aveva quattordici anni, sarebbe diventato in seguito poeta in friulano, proprio grazie al rapporto con Pasolini. Scrive l’autore: «È merito suo se ho fatto poesia, è merito suo se sono riuscito a mettere in versi i miei sentimenti e il mio amore per le bellezze della natura, della mia campagna e della mia terra. Tutto questo lo devo alla sua forte vocazione pedagogica che usciva dai vecchi canoni, per cui dava immediata coscienza e formazione».

Le lezioni avevano luogo in un “casello”, una piccola costruzione, che sorgeva in mezzo alla campagna degli Spagnol, adibita a deposito degli attrezzi agricoli, il cui rudere è ancora oggi visibile, mentre nel volume, dove viene riprodotta una fotografia del 1944, è possibile vederlo nel suo antico “splendore”, affiancato da due altissimi pini che davano ombra e frescura. Lì – ricorda Spagnol – ebbe sede anche l’“Academiuta di lenga furlana” (fondata dallo stesso Pasolini) e, da un certo momento in poi, il luogo divenne sede d’incontro per avviare il reclutamento dei partigiani della Brigata Osoppo, della quale faceva parte il fratello minore di Pier Paolo, Guido, che perderà la vita il 25 febbraio 1945 nell’eccidio di Porzus. Fu quello il primo grande trauma che segnerà per Pasolini la fine di un periodo felice (nonostante la guerra), in un luogo, come scrive Clarotto, «arcadico ed idilliaco». —

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