Il mare restituisce sulla spiaggia di Grado parte del relitto sconosciuto di un’antica nave

Per secoli è rimasta sepolta nella sabbia, assieme al resto dello scafo. Adesso il mare l’ha spinta a fino a terra, sulla spiaggia, frammento di un storia antica ancora da scrivere. Nei giorni sorsi lungo l’arenile della spiaggia di Grado è spuntato il pezzo di una nave perduta centinaia di anni fa: una tavola di legno lunga otto metri, larga trenta centimetri, senza dubbio appartenente al relitto di un’imbarcazione che doveva essere lunga almeno dodici metri. Anzi, una “nave cucita”, cioè con le assi dello scafo cucite secondo una tecnica diffusa in particolar modo nell’area dell’Alto Adriatico, in un arco temporale che va dall’età romana all’alto Medioevo. In questo tipo di imbarcazioni, molto spesso a fondo piatto, il fasciame era collegato con corde fatte passare attraverso i fori ricavati lungo i bordi delle giunzioni. La tenuta stagna era assicurata da cordoli di fibra vegetale, mantenuti lungo i bordi delle tavole attraverso le cuciture stesse. E l’asse spiaggiata a Grado presenta appunto lungo i due bordi fori a distanza regolare, alcuni dei quali conservano ancora i resti delle corde e dei perni che le fissavano. Inoltre sul lato interno sono ancora visibili tracce di bruciatura. Significa che da qualche parte, non lontano dalla spiaggia, sepolto nella sabbia del fondo, c’è ancora il relitto di una nave forse romana forse medioevale, quasi certamente un’imbarcazione da trasporto. «Il che sarebbe ancora più interessante», spiega Dario Gaddi, l’archeologo subacqueo che, su incarico della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia - subito intervenuta appena avuta la segnalazione - ha stilato una documentazione preliminare del reperto. «Se l’analisi al radiocarbonio indicherà l’epoca medioevale del relitto - continua Gaddi - questo sarà un’indicazione importante per conoscere le tecniche di costruzione navale nell’Alto Adriatico». E gli esperti sono già in campo, come Carlo Beltrame specialista di archeologia navale dell’Università di Venezia - Ca’ Foscari, che già dato la disponibilità a studiare il reperto. La cui comparsa sull’arenile di Grado ha messo in moto la macchina per il recupero e la conservazione del pezzo di relitto. La Soprintendenza ha organizzato il recupero, «reso possibile - si legge in un comunicato - grazie alla collaborazione della stessa Grado Impianti Turistici (Git) e del Comune di Grado, che hanno prontamente messo a disposizione mezzi e personale per la movimentazione e una provvisoria collocazione in sicurezza». Le operazioni si sono avvalse del supporto logistico della ditta Aprile di Aquileia, che ha predisposto un’imbracatura su misura. Il personale tecnico-scientifico della Soprintendenza, sotto la direzione della funzionaria archeologa della Soprintendenza responsabile dell’Area Patrimonio archeologico Paola Ventura, «ha poi effettuato un primo trattamento del reperto con biocida, prima della sigillatura per garantire il mantenimento di un grado di umidità sufficiente per la conservazione temporanea».
«Sono convinto che il resto della nave non sia troppo lontano - commenta ancora Dario Gaddi -: le recenti mareggiate devono aver staccato l’asse che le correnti hanno poi spinto a riva, e probabilmente il relitto si trova sepolto nella sabbia in qualche punto non troppo profondo dello specchio di mare davanti l’isola. Ma sarà difficilissimo da trovare...». «Se sarà confermata la ricostruzione e si otterrà una datazione affidabile sulla base dell’analisi al radiocarbonio – spiega la Soprintendente Simonetta Bonomi -, si arricchirà il quadro della presenza di questa tipologia di imbarcazioni, che nella nostra regione già annovera l’esemplare rinvenuto nel canale Anfora di Aquileia». —
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