Il pazzo che chiese democrazia dallo zar

Era certo che il sovrano avrebbe dovuto regnare "abbandonando regole la cui inadeguatezza si riconosce ad occhio nudo" e circondandosi di "sudditi pensanti e non di automi". Per aver fissato in una lettera queste idee e altri elementari principi dello stato di diritto nella Russia di inizio Ottocento, chiarendoli in maniera diretta al tirannico Alessandro I, Timo von Bock, aristocratico della Livonia, fu costretto a pagare un prezzo altissimo: prima nove anni di dura prigione nella fortezza di Schlusselburg, quindi, dichiarato folle, gli arresti domiciliari in una modesta casa ai confini della sua vasta proprietà.
La tragica vicenda del coraggioso riformatore fu raccontata nel 1978 dall'estone Jaan Kross in "Il pazzo dello Zar" un romanzo insignito del Premio Amnesty e nel 1995 del Nonino conferito al suo autore.
Oggi il romanzo viene proposto da Iperborea (433 pagine, 19 euro) accompagnato da una nota di Goffredo Fofi che concorda con Claudio Magris nel definire l'opera "una grande storia di indomiti vinti", un libro permeato da una profonda passione civile, dove all'imperio di un potere lontano, indifferente, minaccioso, è contrapposta una politica vissuta come strumento di servizio per la collettività.
La quiete e i paesaggi innevati di una regione ormai scomparsa dalle carte geografiche (la Livonia è attualmente divisa tra Estonia e Lettonia) fanno da sfondo al dramma di Timo. Al fianco del protagonista ci sono la moglie Eeva - una contadina bella e intelligente, sposata per offrire al paese una prova tangibile della pacifica rivoluzione da lui sognata - e il cognato Jakob, la voce narrante del romanzo.
Affidando a lui il compito di mettere a fuoco i complessi passaggi della vicenda, Kross riesce ad ampliare la portata del discorso, soffermandosi su due ambiti complementari: la diffidenza dell'apparato zarista nei confronti dei progetti di Timo e gli ostacoli che i principali protagonisti della riforma si trovano a dover affrontare anche in un mondo diverso. Il sacrificio di Timo, deciso a essere "un chiodo nel cuore dell'Impero", acquisisce nell'accurata ricostruzione di Kross il valore di monito e di esempio.
Scomparso nel 2007 e ben noto in gran parte dell'Europa - le sue opere sono state tradotte in Francia, Germania e Inghilterra, di lui Doris Lessing ha detto che "un genio meraviglioso degno del Nobel" - Kross è ancora poco noto in Italia a dispetto del prestigioso Premio Nonino del 1995.
Oltre a "Il pazzo dello Zar" è infatti disponibile solo il romanzo "La congiura", proposto nel 2006 sempre da Iperborea. L'ottima traduzione di Arnaldo Alberti del suo capolavoro costituisce dunque una occasione preziosa per scoprire uno dei narratori più originali dell'Europa orientale che senza dubbio merita di ottenere anche da noi il favore di cui gode in altri paesi.
Roberto Bertinetti
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